Lettera della Congregazione per la Vita Consacrata: «Figari a Roma per evitare intralci nella giustizia. Nessun divieto assoluto, se richiesto dai giudici ritornerebbe nel paese»
Il Vaticano fa chiarezza sulla vicenda del Sodalicio di vita cristiana, la società di vita apostolica peruviana commissariata perché teatro di abusi contro minori e di mala gestione finanziaria da parte dei suoi vertici, i cui dettagli stanno venendo man mano alla luce seppur presentando ancora tante ombre. In una lettera pubblicata oggi integralmente sul sito della Chiesa peruviana, la Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata risponde ad alcune accuse provenienti in gran parte da organi di stampa, mettendo in chiaro alcuni punti: anzitutto che mai la Santa Sede ha «nascosto» o «protetto» il fondatore Luis Fernando Figari, accusato di abusi fisici e psicologici contro minori e adolescenti; poi «si ritiene infondata l’affermazione secondo cui sia stato impedito a Figari di difendersi o rispondere alle accuse contro di lui in Perù». Anzi, qualora i giudici peruviani lo ritenessero necessario ai fini delle indagini, Figari potrà far ritorno nel paese e rispondere personalmente delle accuse.
In effetti al carismatico fondatore di questa realtà ecclesiale diffusa e numerosa che, prima di sprofondare in una crisi senza precedenti, ha rappresentato per anni l’emblema dell’espansione dell’evangelizzazione in Sudamerica attraverso anche l’istituzione di scuole ed istituti, era stato impedito – con un provvedimento del 2017 – di far ritorno nel suo paese «se non per ragioni molto serie e sempre con il permesso scritto» del Commissario posto dal Vaticano alla guida del Sodalicio dopo la crisi.
La paura era che tornando in quel Perù dove ancora «conta numerosi appoggi» (anche tra le gerarchie ecclesiastiche), Figari potesse «causare altri danni contro le persone», «nascondere e distruggere le prove contro di lui» o, peggio, «ostacolare il corso della giustizia tanto ecclesiastica quanto dello Stato», come si legge nella lettera. In ogni caso non si tratta di «un divieto assoluto», sottolinea oggi il Dicastero guidato dal cardinale brasiliano Joao Braz de Aviz, pertanto «se nel futuro sorgesse la necessità che il signor Figari torni in Perù per rendere conto alla giustizia peruviana, il suo ritorno potrà essere autorizzato dal Commissario apostolico».
Per smentire ogni accusa di insabbiamento, nel documento del Dicastero viene poi richiamata una precedente lettera datata 30 gennaio 2017, in cui era la stessa Congregazione ad effettuare «una valutazione su Figari per determinare l’eventuale fondamento, in particolare, ma non esclusivamente, delle accuse di pedofilia, che fino a poco tempo fa costituivano l’accusa principale, ma non esclusiva». Accuse, queste, provenienti da membri ed ex membri del Sodalicio e rinfocolate nella opinione pubblica che – attesta la Congregazione – «desideravano una condanna pubblica per abusi su minori ma non per altre responsabilità» imputate al fondatore. Denunce «molto gravi» emerse negli anni successivi e considerate in un primo momento «secondarie». Ovvero «violenze psicologiche, maltrattamenti, abusi di potere, irregolarità e mancanza di trasparenza nella gestione economica, usi di metodi di formazione evidentemente impropri».
Una volta venuto a conoscenza di quello che alcuni interni al movimento denunciavano come un «inferno», il Vaticano era subito intervenuto nominando con un decreto del gennaio 2018 un commissario, il vescovo colombiano Noel Antonio Londoño Buitrago, presule di Jericó (Antioquía), e rinnovando l’incarico di «referente» al cardinale Joseph Tobin (nomina del 2016, successiva ad un grosso scandalo mediatico), in particolare «per le questioni economiche». A pochi giorni dall’avvio di questo commissariamento Figari è stato richiamato a Roma. Nessun tentativo di tutelarlo o farlo sfuggire alla giustizia, quindi, ma al contrario la volontà di «riparare al danno causato e al conseguente scandalo», «ristabilire la giustizia con le vittime», «evitare ulteriori danni ad altre persone».
Ma c’è un’altra questione che nella lettera viene chiarita: la decisione sul luogo di residenza di Figari rimane a discrezione del Superiore generale del Sodalicio. Dal Vaticano nessuna spinta a trasferirlo a Roma o nel territorio della Santa Sede, dove peraltro «non ha mai risieduto». Al contrario, «è stato solo segnalato al Superiore generale la non opportunità di un suo ritorno in Perù» per i motivi già elencati. «Come Congregazione per la Vita consacrata – si legge – ci siamo limitati a chiedere di destinare Figari ad una residenza dove non ci fossero comunità di Sodalizio», a «proibire il contatto con i membri» del movimento come pure di «fare dichiarazioni pubbliche e partecipare a manifestazioni pubbliche».
Luis Figari nei mesi scorsi aveva presentato un appello alla lettera della Congregazione al Tribunale Supremo della Nunziatura, che però ha rigettato il ricorso.
Il lato oscuro del Sodalicio era emerso da un report realizzato da una commissione indipendente formata da cinque notabili che per settimane avevano ascoltato oltre 200 testimoni. Il risultato era stato un rapporto dettagliato in cui si riportavano casi di abusi sessuali, fisici e psicologici avvenuti tra il 1975 e il 2009, che includevano violenze fisiche e verbali a danno di minorenni e adulti – in tutti i casi giovani in formazione – da parte di Figari definito una personalità «narcisista, paranoica, vendicativa».
Il Vaticano, che dal 2011 aveva ricevuto svariate denunce di abusi di ogni tipo all’interno del movimento, aveva a sua volta avviato una indagine condotta da un vescovo visitatore, Fortunato Pablo Urcey. Lo scorso dicembre, la Procura peruviana aveva sollecitato nove mesi di incarcerazione preventiva di Figari e degli altri membri di Sodalicio per i presunti delitti di associazione a delinquere, sequestro di persona e lesioni psicologiche gravi.
http://www.lastampa.it/2018/06/04/vaticaninsider/abusi-in-per-il-vaticano-mai-protetto-o-nascosto-il-fondatore-di-sodalicio-1gZgoITKTZtBAwkxZjl7tM/pagina.html
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