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Rete L'ABUSO - Associazione sopravvissuti agli abusi sessuali del clero - Osservatorio permanente
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Il prete condannato: «Non sono un pedofilo, le mie erano carezze»

Redazione Web by Redazione Web
28 Marzo 2010
in Campania
Reading Time: 5 mins read
Home Campania

Un anno e 5 mesi per atti di libidine nei confronti di due ragazzine: «Vestivano abiti accollati, erano carezze»

SALERNO – «Sono il sacerdote di cui avete scritto sul giornale». La telefonata giunge in redazione nel tardo pomeriggio di ieri. Dall’altra parte del filo il prete di 69 anni, consigliere dell’Istituto interdiocesano per il sostentamento del clero e membro del collegio presbiterale, ex insegnante di religione in una scuola media di Pontecagnano, condannato a un anno e cinque mesi per atti di libidine violenta nei confronti di due minorenni. Una sentenza passata in giudicato che potrebbe finire nelle mani degli ispettori che, dopo gli scandali sui preti pedofili in Irlanda, Germania e Stati Uniti, saranno inviati dal Vaticano in tutti i seminari delle diocesi. «Io non sono un prete pedofilo, nella sentenza non è scritta questa parola – è la prima cosa che dice il nostro interlocutore – e non ho subito alcuna interdizione a seguito della condanna». Tant’è che ricorda che, alla fine del processo, che risale a dieci anni fa, per scaricare la tensione decise di andare in Libia e in questura, alla consegna del passaporto, «i poliziotti storsero un po’ il naso. Poi però controllarono bene e mi fecero partire».

Il sacerdote dice anche che fin dal primo momento la Curia ha saputo tutto, «niente è stato tenuto segreto» e che «la mia comunità parrocchiale già allora mi diede una dimostrazione di stima». Stima? «Il problema è che non sono stato creduto nella mia difesa – entra nel merito il prete condannato – è impensabile che abbia potuto infilare una mano lungo la schiena di una bambina anche perchè all’epoca dei fatti era inverno e la bambina in questione indossava abiti accollati». E i toccamenti denunciati? «Ma quale padre non mette una mano intorno alla vita di una bambina o le fa una carezza sul collo? Se questa è pedofilia, allora auguro a tutte le ragazze di questo mondo di subire questo tipo di attenzioni!».

Il sacerdote si rammarica del fatto che all’epoca i giudici non vollero credere alla perizia sulla disposizione delle classi, che non avrebbe consentito ai quattro alunni sentiti come testimoni di vedere cosa succedeva alla cattedra. «Ricordo una reprimenda del giudice Verasani, mi trattò come se fossi stato il più grande delinquente del mondo». Il caso del prelato salernitano accusato di molestie, per aver «turbato» una ragazzina, torna alla ribalta nei giorni in cui la Chiesa s’interroga drammaticamente sui preti pedofili: «Non so se certe cose scritte sui giornali siano vere – interviene il sacerdote – io di sicuro non mi sono mai sentito turbato da questo scandalo, sono mille miglia lontano».

Don Mario Salerno, presidente dell’Istituto interdiocesano per il sostentamento del clero, è laconico nel suo commento: «La Chiesa non è un giudice che condanna sempre, è anche una madre». La vicenda del sacerdote condannato è nota anche in Vaticano: c’è una lettera, inviata il 20 aprile 2009, in cui un altro prete scrive al cardinale Claudio Hummes, prefetto della Congregazione del clero, e all’Istituto centrale per il sostentamento del clero della «presenza nel cda dell’Istituto del sacerdote (di cui fa nome e cognome; ndr) condannato per abusi sessuali su due ragazze minorenni». Il cardinale Hummes tace. Cinque mesi dopo, invece, a Salerno arriva il direttore dell’Istituto centrale, Cesare Testa, che partecipa ad una riunione del cda presso l’abbazia di Cava de’Tirreni. A quella riunione prende parte anche il sacerdote condannato.

29 marzo 2010

http://corrieredelmezzogiorno.corriere.it/napoli/notizie/cronaca/2010/29-marzo-2010/prete-condannato-non-sono-pedofilo-mie-erano-carezze-1602737100126.shtml

Pedofilia: Pierro copre meglio del Vaticano ?
28 Marzo 2010 – 00:00Nessun commento

Ti sei mai chiesto che significa leggere un giornale che non dipende da alcun partito o gruppo industriale? Che non deve cambiare una copertina o un titolo perché sgraditi all’editore o alla forza politica di riferimento? Che ha come unico padrone i propri lettori, ossia chi ogni settimana ci rinnova la fiducia in edicola oppure decidendo di abbonarsi? Significa poter conoscere e approfondire i fatti, senza aspetti tenuti all’oscuro oppure forzature. Significa discutere i grandi temi della sinistra dei nostri tempi, non quelli che interessano ad aziende e gruppi di potere. Significa avere la possibilità di sfogliare una rivista indipendente, prodotta da un editore puro, e non da asset finanziari con interessi prevalenti in altri settori rispetto a quello dell’informazione.  Per noi poter lavorare con le mani libere e la schiena dritta vuol dire molto. Left non riceve neppure finanziamenti pubblici: sei tu a decidere se la nostra esperienza deve proseguire, oppure no. Ma prima mettici alla prova. Sperimenta qual è la sensazione di leggere un giornale libero. Ti sei mai chiesto che significa leggere un giornale che non dipende da alcun partito o gruppo industriale? Che non deve cambiare una copertina o un titolo perché sgraditi all’editore o alla forza politica di riferimento? Che ha come unico padrone i propri lettori, ossia chi ogni settimana ci rinnova la fiducia in edicola oppure decidendo di abbonarsi? Significa poter conoscere e approfondire i fatti, senza aspetti tenuti all’oscuro oppure forzature. Significa discutere i grandi temi della sinistra dei nostri tempi, non quelli che interessano ad aziende e gruppi di potere. Significa avere la possibilità di sfogliare una rivista indipendente, prodotta da un editore puro, e non da asset finanziari con interessi prevalenti in altri settori rispetto a quello dell’informazione.  Per noi poter lavorare con le mani libere e la schiena dritta vuol dire molto. Left non riceve neppure finanziamenti pubblici: sei tu a decidere se la nostra esperienza deve proseguire, oppure no. Ma prima mettici alla prova. Sperimenta qual è la sensazione di leggere un giornale libero. Ti sei mai chiesto che significa leggere un giornale che non dipende da alcun partito o gruppo industriale? Che non deve cambiare una copertina o un titolo perché sgraditi all’editore o alla forza politica di riferimento? Che ha come unico padrone i propri lettori, ossia chi ogni settimana ci rinnova la fiducia in edicola oppure decidendo di abbonarsi? Significa poter conoscere e approfondire i fatti, senza aspetti tenuti all’oscuro oppure forzature. Significa discutere i grandi temi della sinistra dei nostri tempi, non quelli che interessano ad aziende e gruppi di potere. Significa avere la possibilità di sfogliare una rivista indipendente, prodotta da un editore puro, e non da asset finanziari con interessi prevalenti in altri settori rispetto a quello dell’informazione.  Per noi poter lavorare con le mani libere e la schiena dritta vuol dire molto. Left non riceve neppure finanziamenti pubblici: sei tu a decidere se la nostra esperienza deve proseguire, oppure no. Ma prima mettici alla prova. Sperimenta qual è la sensazione di leggere un giornale libero.
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Aldo Bianchini

Il 26 marzo 2010 di buon mattino ricevo una telefonata da un amico che lavora nella curia di Salerno tra gli attuali stretti collaboratori del vescovo Pierro. Mi chiede con sarcasmo se ho già letto il Corriere del Mezzogiorno e io rispondo che da tempo ormai non lo acquisto più. A questo punto mi invita a fare un’eccezione e a comprarlo perché vi si trova un articolo che sembra copiato pari pari da un mio pezzo risalente al 15 maggio 2009 pubblicato sul quotidiano dentrosalerno.it. Provocato dall’amico che mi derideva chiedendomi il perché dell’azione di copiatura di un pezzo che già allora fu precursore dello scandalo abbattutosi oggi sulla chiesa e suscitò clamore sui forum e nello stesso palazzo del potere clericale, io malvolentieri e sebbene incredulo ho acquistato il giornale. So, per esperienza diretta, che tra i colleghi del Corriere del Mezzogiorno c’è chi usa diffide stragiudiziali per intimarmi di non dire tutta la verità sull’Arcivescovo e i “miracoli” del tribunale ecclesiastico (per dirla tutta difendendo suoi interessi personali!), ma che arrivassero a mezzi usati ai tempi delle scuole dell’obbligo come lo sbirciare e copiare dai compagni di classe non ci credevo e voglio non crederci. Certo questa mia volontà e fiducia è stata messa a dura prova dopo aver letto l’articolo in questione. Infatti su quattro colonne il Corriere titola: “Pedofilia, anche a Salerno un sacerdote condannato”. Leggo tra le righe il fatto e debbo convincermi che non dice nulla di nuovo, ma proprio nulla, rispetto a quanto già avevo portato io alla luce. Anzi non è per nulla preciso, non cita i documenti e non ha nemmeno il coraggio di fare nomi. Veniamo al fatto. Nel 1996 il 12 giugno don GS viene condannato dal tribunale di Salerno (Presidente Dionigi Verasani) per atti di libidine commessi in danno delle allieve D.R.A.A e P.A. (alunne minorenni della scuola Media Statale A. Moscati di Pontecagnano). La Cassazione conferma la pena ad un anno e mesi cinque di reclusione come rivista in sede di Appello. Leggo e rileggo l’articolo e sempre più non comprendo come sia stato possibile che una notizia già vecchia di un anno venga presentata (vedi occhiello) come un caso tenuto segreto quando ormai tale non era più. Forse è dettato solo da un motivo giornalistico in funzione dello scandalo della pedofilia tra i preti o da un interesse della curia stessa? Ma quest’ultima ipotesi sarebbe davvero poco giornalistica e non voglio crederci. Purtroppo i miei dubbi aumentano il giorno dopo quando sullo stesso giornale appare un’intervista non firmata dal titolo “Io non sono un sacerdote pedofilo”. Incredibile, possibile che a un sacerdote condannato in via definitiva basti una telefonata (se vera) per accreditare il suo essere lontano mille miglia dagli scandali? Ma se anche la telefonata fosse un artifizio giornalistico (e non lo è!) in fondo finisce per creare ancora più danno al sacerdote. Infatti verrebbe da chiedere al prelato (strano che chi ha ricevuto la telefonata non l’abbia fatto) che cos’è la pedofilia? E che differenza c’è tra atti di libidine posti ad una maggiorenne con quelli posti ad una minorenne. Caro don GS, infilare le mani nel sedere di una bambina dodicenne, al di là delle sentenze è o non è pedofilia? Altro che il sacerdote come il genitore può e deve toccare i figli. A me francamente la sua telefonata pare più una “confessione” dei fatti che un grido di innocenza. Altro che giornalismo d’inchiesta, nel caso dell’intervista mi è sembrato di assistere ad un “piglia, non pesa, e porta casa”. Eccellenza carissima Mons. Pierro, mentre aspetto ancora precisazioni dal suo presidente del tribunale alle mie puntuali domande pubblicate il giorno 11 marzo 2010 sempre su Dentrosalerno e sulle quali tornerò presto, voglio farle notare che non sono io il grande inquisitore, ma è dall’interno della sua organizzazione che fuoriescono a valanga anche le notizie più devastanti, pubblicate pure a costo di mettere in difficoltà professionale qualcuno dei suoi più stretti collaboratori che a questo punto, credo, troverà ancora più difficoltà a districarsi tra due professionalità. Ci sto pensando, forse nella prossima puntata farò nome e cognome di tutti e medito di pubblicare al più presto una raccolta di tutti miei articoli sulla curia salernitana. Ne uscirebbe una storia diversa da quella raccontata ufficialmente ma forse proprio per questo più interessante ed aderente alla realtà.

http://www.dentrosalerno.it/web/2010/03/28/pedofilia-pierro-copre-meglio-del-vaticano/

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