Lo scorso lunedì il tribunale di Mendoza commisurò delle pene esemplari a due sacerdoti e ad un giardiniere, per la loro reiterata e accurata azione pedofila. I condannati lavoravano nella scuola per bambini audiolesi conosciuta come “Istituto Provolo”. Il prossimo grado di giudizio sarà a La Plata, dove i testimoni hanno cominciato a moltiplicarsi. In questo articolo si analizza fino a che punto la Chiesa Cattolica non solo pratica sistematicamente abusi, ma li nasconde e garantisce persino la loro ripetizione su scala globale. Fino a quando?
“Scoprirai cose brutte e molte sono vere”, Robert Frainer avvisò così Gustavo Ariel Chamorro nel 2007. Il primo ha diretto l’Istituto Provolo in tutto il mondo fino al provvedimento del Vaticano nel luglio 2017; il secondo invece era direttore della succursale situata a La Plata. Frainer aveva ragione.
In seguito alle condanne esemplari pronunciate a Mendoza lo scorso lunedì 25 novembre, il procuratore Cecilia Corfield ha due certezze: le sentenze hanno provocato un effetto domino che ha suscitato nelle vittime il desiderio di testimoniare; e che, tuttavia, l’appoggio del sistema politico di Buenos Aires rimane scostante in questa causa ad alta tensione. “Sono sola” afferma.
Se sono già state emesse le condanne nel primo dei tre gradi di giudizio in cui è divisa la causa, è in gran parte dovuto al fatto che il vicegovernatore Laura Montero si è resa disponibile personalmente a garantire la sicurezza dei sopravvissuti e dei testimoni.
A La Plata, sebbene il fascicolo sia stato inviato nella stessa data, il processo è ancora in fase di indagine, in questo caso il governatore Maria Eugenia Vidal ha omesso qualunque riferimento al caso e tanto meno ha contattato le vittime per offrire risorse o supporto.
Il caso nella capitale di Buenos Aires ebbe un primo procuratore, Fernando Cartasegna, che fu espulso quasi due anni fa a causa di gravi irregolarità. Quando il procuratore Corfield vide le azioni del suo predecessore, la prima cosa che fece fu perquisire l’edificio della 47esima Strada. Stava cercando ciò che il testimone Lisandro Borrelli aveva denunciato: la stanza all’interno del seminterrato dove era stato legato e torturato.
Borrelli studiò nell’istituto Provolo tra il 1989 e il 1993. Lì era legato per ore ad una ringhiera che era nel seminterrato della cucina. Inoltre lo hanno rinchiuso in una gabbia per conigli.
Ha aggiunto anche un altro particolare: l’istituto Provolo ha in Valeria del Mar, zona di Pinamar, una casa situata in via Pietro Mendoza 2287, dove Borrelli fu trasferito durante un’estate. Lo hanno costretto a occuparsi delle pulizie e lo hanno legato ad un albero per punirlo.
Quell’indirizzo fu menzionato anche nella causa di Mendoza e se i due casi non sono correlati, il giudizio rimarrà aperto. Sulla scia dello scandalo internazionale, oggi le case vengono tenute chiuse in stato di abbandono.
Nel caso di La Plata, l’ex direttore Chamorro ha segnalato nella sua deposizione che il sacerdote italiano Corradi ha portato i bambini nella casa di Valeria del Mar, negando la possibilità di essere accompagnati dai loro genitori. A Mendoza, una delle madri ha affermato che, durante un viaggio in quella località costiera nel 2015, una studentessa ha riferito di aver visto come uno degli insegnanti ha portato un ragazzo a Horacio Corbacho, uno dei sacerdoti condannato a 45 anni di prigione.
L’altro testimone chiave nel fascicolo platense è Daniel Sgardellis, che vive a Salta. Già nel 2013 ha avuto il coraggio di raccontare, attraverso la lingua dei segni e attraverso un video caricato su YouTube, ciò che aveva subito tra il 1980 e il 1991. In quella registrazione chiede ad altre vittime di denunciare come aveva già fatto lui. Solo tre anni dopo, la seconda testimonianza, quella di Borrelli, giunse alla giustizia nel 2016. Dopo le condanne a Mendoza, ne arrivarono altre due.
Tuttavia, la procura ha appena riconosciuto che al massimo sarà in grado di portare in tribunale Corradi e il professore di informatica José Britez, dal momento che l’Italia non era disponibile a rispondere alla richiesta di estradizione che pesa sull’ottantenne Eliseo Primatti, che è fuggito quando sono iniziati gli arresti.
Il manuale di copertura della chiesa indica che si deve sempre agire dopo che gli abusi sono stati resi pubblici. Il caso del Provolo non era un’eccezione.
BIGLIETTO PER L’ARGENTINA
Nel 2003, l’Istituto Provolo ha ricevuto il premio “Juntos Educar” dall’allora arcivescovo di Buenos Aires, Jorge Bergoglio. Il premio è stato assegnato per il suo esemplare lavoro educativo “nell’istruzione, nell’educazione e nell’assistenza ai sordomuti e ai giovani bisognosi”. A quel tempo si parlava poco dell’opera, ma ogni volta che veniva nominata nei media era per la sua nobile missione.
Fondato nel 1840 a Verona, l’istituto deve il suo nome al vescovo Antonio Provolo, che si dedicò all’educazione dei sordi con i metodi orale e mimico-gestuale. La sede situata nella strada 47 di La Plata, nota come “Casa Provinciale della Compagnia di Maria per l’educazione dei sordi e dei muti”, fu il primo in Argentina, diretta dal sacerdote Albano Mattioli, un italiano naturalizzato Argentino. Quindi fu aperta la filiale di Mendoza a Luján de Cuyo, che fu ufficialmente inaugurata nel 1998 come “Casa locale della compagnia di Maria” di Mendoza.
L’Argentina era una delle destinazioni prese da diversi sacerdoti che erano diventati incontrollabili a Verona, dove abusavano di bambini con problemi di udito tra gli anni ‘60-‘70. Il mondo lo ha scoperto il 22 gennaio 2009, attraverso il settimanale L’Espresso, quando Paolo Tessadri ha pubblicato un articolo dal titolo: “Noi, le vittime dei preti pedofili”. L’articolo menzionava che il numero di bambini maltrattati era incalcolabile, gli abusatori hanno agito per tre decenni fino al 1984, ma rilevava anche che una dozzina dei quasi 25 sacerdoti accusati sono rimasti nell’istituto. Tessadri ha fornito un’informazione che spiegava, in parte, il processo di selezione delle vittime: “Il Provolo di Verona accoglie famiglie povere”, principalmente dal nord-est italiano.
Fu allora che 67 persone furono incoraggiate a inviare una lettera al giornale in cui raccontavano ciò che avevano sofferto. “I sacerdoti e i fratelli religiosi hanno abusato sessualmente di noi”, hanno detto. Molti furono sorpresi di non aver cercato alcuna soluzione giudiziaria, poiché i crimini erano andati in prescrizione, ma ciò che volevano era che la situazione fosse conosciuta in modo tale che i bambini che erano rimasti nel Provolo non subissero ciò che avevano passato loro. Le testimonianze raccolte sono arrivate il 20 novembre 2008 a monsignor Giampietro Mazzoni, giudice della corte ecclesiastica della diocesi di Verona, che ha ignorato il caso. In quella lettera, tra le altre cose, fu informato che nella stanza usata come confessionale nella Chiesa di Santa Maria del Lamento dell’Istituto Provolo, i sacerdoti facevano masturbare alcune ragazze sorde. Lo hanno anche avvertito che gli abusi, spesso accompagnati da percosse, si sono verificati sistematicamente nelle camere da letto dei sacerdoti, sotto l’altare, nelle docce e nei bagni dell’Istituto.
Nel tentativo di calmare le vittime, è stata avviata un’indagine interna e il 14 dicembre 2012 è stata rilasciata una risposta. Monsignor Mazzoni era incaricato di inoltrare “un’umile richiesta di perdono” alle vittime, dopo aver comunicato che l’inchiesta era stata ritardata dalla sovrapposizione di denunce, perché alcuni preti accusati avevano già lasciato l’istituto o erano morti. Proprio in quella occasione, la Santa Sede ha condannato alcuni sacerdoti a dedicarsi alla preghiera e alla penitenza, impedendo qualsiasi contatto con i minori. Tuttavia, i sacerdoti che erano in Argentina non hanno ricevuto alcuna sanzione. Il manuale di copertura della Chiesa indica che si deve sempre agire dopo che gli abusi sono stati resi pubblici. Il Provolo non faceva eccezione.
Da quando fu eletto nel marzo 2013, Papa Francesco è stato informato in almeno tre occasioni che quindici sacerdoti italiani, accusati di aver abusato di bambini con problemi di udito in Italia, sono stati inviati ad altre destinazioni in Argentina.
Io insabbio, tu insabbi.
Per anni, attraverso ciascuna delle loro testimonianze, i sopravvissuti hanno rivelato come funziona il manuale di copertura che la Chiesa Cattolica utilizza in tutto il mondo ogni volta che un prete molesta, abusa e/o tortura un bambino.
Il caso dell’istituto Provolo si adatta perfettamente:
- alle prime rimostranze, tende a minimizzare il problema;
- zittisce e minaccia la vittima, che di solito è minorenne, ma mettendo in disparte la famiglia;
- fa pressione su quelli che potrebbero rompere con questa linea e presentare una denuncia, come nel caso di un altro sacerdote;
- se il carnefice diventa ingestibile, lo trasferisce;
- se il caso viene reso pubblico, rilascia una dichiarazione che simula dolore e afferma il desiderio di accompagnare la vittima e la sua famiglia, mentre le porte sono completamente chiuse agli stessi che affermano di voler sostenere;
- iniziano un processo interno, inutile e senza fine che si chiuderà in un cassetto della Santa Sede.
Papa Francesco sapeva cosa stesse succedendo all’Istituto Provolo e non ha fatto nulla. Questa è la certezza dell’italiano Francesco Zanardi, presidente della Rete italiana dei sopravvissuti all’abuso ecclesiastico. Su cosa si basa? Da quando è stato consacrato nel marzo 2013, il Sommo Pontefice è stato informato in almeno tre occasioni che quindici sacerdoti italiani, accusati di aver abusato di bambini sordomuti in quel paese, sono stati inviati tra le altre destinazioni in Argentina.
Nel maggio 2014, Zanardi ha inviato al Segretario di Stato Vaticano un video in cui appaiono 17 vittime che raccontano ciò che avevano vissuto e un elenco di sacerdoti accusati con il luogo in cui risiedevano. In Argentina, inclusi Giovanni Granuzzo, Nicola Corradi, Luigi Spinelli ed Eliseo Pirmati. Non ha avuto risposta.
Il 20 ottobre dello stesso anno, l’Associazione dei sordi del Provolo di Verona, inviò una lettera indirizzata al vescovo Giuseppe Zenti, alla Congregazione per la Dottrina della Fede, e a Papa Francesco: “In quella lettera – ha detto Zanardi – nuovamente appaiono il nome di Corradi e altri quattordici sacerdoti accusati di abuso, quattro dei quali nascosti in Argentina”. Infine, è stato consegnato, ancora una volta, il 28 ottobre 2015, ora direttamente nelle mani del Papa da una delle vittime del Provolo di Verona, Giuseppe Consiglio, momento che è stato fotografato. Faccia a faccia, nell’aula Paolo VI, Consiglio disse al Papa, come poté, dopo ciò che aveva sofferto, al quale il Papa rispose con una richiesta di scuse e le sue solite “pregate per me”. In nessuno dei casi c’è stata alcuna risposta.
Solo più di un anno dopo, venerdì 25 novembre 2016, quando si sono esposte le prime vittime argentine, sono state effettuate irruzioni presso la sede di Luján de Cuyo, sono stati arrestati i sacerdoti Nicola Corradi e Horacio Corbacho e si è scoperto uno scandalo internazionale, il Vaticano nominò un commissario apostolico e si preoccupò del caso “Provolo”. La prima espressione pubblica della Chiesa fu una menzogna: “Voglio chiarire guardandoli negli occhi, con le mani pulite e una coscienza tranquilla, che mai fummo informati prima delle accuse che pesano su nessuno dei sacerdoti imputati”, ha detto l’arcivescovo di Mendoza, Mons. Carlos Maria Franzini.
Quello che non sapevano era che avevano appena scoperto il caso che avrebbe dimostrato fino a che punto i meccanismi di insabbiamento all’interno della Chiesa Cattolica sono internazionali. Un altro 25 novembre, questa volta nel 2019, sono state conosciute le condanne (45 anni per Corbacho, 42 per Corradi e 18 per il giardiniere Armando Gómez) e si è conclusa la prima delle tre parti del lungo processo di Mendoza. Contemporaneamente, un senso di sollievo attraversò il corpo dei sopravvissuti di La Plata e Verona. Non per niente: per la prima volta da quando sono iniziati gli abusi nell’Italia degli anni 60, poi a La Plata negli anni 80 e a Mendoza negli anni 90, erano riusciti ad avere credibilità.
Gli investigatori di La Plata e Mendoza hanno concluso che:
a) le vittime preferite erano quelle i cui genitori non conoscevano il linguaggio dei segni;
b) gli amministrativi e i religiosi fungevano come un filtro per misurare attraverso la tortura e giochi di ruolo chi consegnavano;
c) gli arcivescovi di La Plata e Mendoza hanno voltato le spalle alle denunce internazionali.
POETICA DELL’ABUSO
Nel 2002 Julio García, un membro dell’ordine di La Plata, ha osato chiedere a Nicola Corradi, attraverso una lettera, di “agire sulla questione” per le irregolarità e le perversioni sessuali che stavano accadendo. Questa lettera fu trovata quando furono razziati gli uffici del Provolo di Mendoza, insieme a un fax stampato in cui erano spedite due comunicazioni. Il primo fu inviato al vicario generale in Italia; il secondo a Corradi. In entrambi, Garcia si riferiva a ciò che aveva vissuto all’interno dell’istituto Provolo di La Plata. Ha accusato un novizio ed ex seminarista di nome Gerardo Risso per “comportamenti devianti” e ha segnalato la complicità di altri sacerdoti per proteggerlo, sostenendo queste azioni. Ha anche sottolineato che Risso era stato respinto dall’ordine di Buenos Aires proprio a causa di questo comportamento, al contempo chiedeva a Corradi di non voltare le spalle perché un gruppo di sacerdoti della stessa sede lo proteggeva a spada tratta e sosteneva la possibilità che tornasse al Provolo.
Garcia ha allegato una copia di una poesia scritta da un interno. “Il cantico di Gerardo” non solo aveva un alto contenuto sessuale nella sua lingua, quando identificava le pratiche dell’ex seminarista nell’intimità del gruppo, ma esponeva anche la naturalizzazione dell’abuso.
Il cantico di Gerardo
Sto uscendo con un ragazzo
L’ho incontrato nella cappella
Mi ha accarezzato e non ho resistito
E volevo andare nella sua stanza
Sto uscendo con un ragazzo
È religioso e di grande ardore
Quando mi abbraccia mi da calore
E mi fa esplodere il cuore
Sto uscendo con un ragazzo
Mi sono sdraiato sul suo letto
È venuto come un camion
E in quella notte mi ha consacrato
Sto uscendo con un ragazzo
Fu molto bello quello che ho sentito
Mi ha puntato il suo grande cannone
E l’ho ricevuto nel mio garage
Sto uscendo con un ragazzo
È insaziabile nel suo procedere
Non vuole altro che cogliere
Ho già il culo come un vaso
Sto uscendo con un ragazzo
E ora cammino con un bastone
Scorreggio e inizio a gridare
E piango quando vado a cagare
Sto uscendo con un ragazzo
Ho promesso di essere sempre fedele
Mi sono già vestito da religioso
E di notte gettava le mutande
Sto uscendo con un ragazzo
Ho già trovato la mia vocazione
Voglio vivere in congregazione
Aprire il culo è la mia religione.
In un altro paragrafo della lettera, l’autore ha anche fatto riferimento a irregolarità nell’amministrazione di indumenti e alimenti che avrebbero dovuto essere date ai bambini che erano nel rifugio di La Plata. Ha accusato le suore, che avevano quel compito, di lasciare 578 pullover immagazzinati per “riempirsi di falene” e “vendere i vestiti che abbiamo donato per 2 o 3 pesos”. Infine, ha sottolineato che ai ragazzi è stato servito cibo ormai scaduto, aggiungendo che “è un miracolo che nessun bambino si sia ammalato”.
Sebbene il legame tra i poteri giudiziari di Buenos Aires e di Mendoza sia praticamente nullo, sia gli investigatori di La Plata che quelli di Mendoza hanno raggiunto conclusioni simili:
a) le vittime preferite erano quelle i cui genitori non conoscevano il linguaggio dei segni;
b) gli amministrativi e i religiosi fungevano come un filtro per misurare attraverso la tortura e giochi di ruolo chi consegnavano;
c) gli arcivescovi di La Plata e Mendoza hanno voltato le spalle alle denunce internazionali.
Per comprendere la portata istituzionale del caso Provolo, è necessaria una visione integrale che colleghi ciò che è accaduto a Verona, La Plata e Mendoza. Dopo i processi che hanno rappresentato la prima serie di condanne, il processo di La Plata dovrebbe andare in quella direzione.
https://www.revistacrisis.com.ar/notas/manual-de-encubrimiento-de-la-iglesia-catolica?fbclid=IwAR3hYMJAKKU9jXOWpsSn7lWN26Pwt4_ZxyqruuQtsmvJmpfQ8LGeBniIjSk
(traduzione con Google, articolo del 4 dicembre 2019)
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