Il procuratore capo di Cremona Roberto di Martino aveva chiesto sei anni di reclusione. Otto gli episodi di violenza sessuali contestati al prete ridotto allo stato laicale. Polemica sulla rogatoria negata alla procura.
Quattro anni e nove mesi per ‘don Mercedes’. E il divieto di recarsi in luoghi frequentati da minori. E’ la condanna, arrivata nel primo pomeriggio, inflitta a don Mauro Inzoli, sacerdote e capo spirituale di Comunione e Liberazione, accusato di abusi su minorenni con l’aggravante dell’abuso di autorità. La decisione del giudice Letizia Platè è avvenuta in sede di udienza preliminare essendo stato, don Inzoli, processato con rito abbreviato.
Il procuratore capo di Cremona Roberto di Martino aveva chiesto sei anni di reclusione. Otto gli episodi di violenza sessualicontestati al prete, sempre assente alle udienze durante il processo. Il sacerdote, difeso dai legali Nerio Diodà e Corrado Limentani (foro di Milano), aveva già risarcito cinque minori con la somma di 25 mila euro a testa. Gli abusi, secondo l’accusa, sono stati commessi tra il 2004 e il 2008 non solo nell’ufficio del religioso ma anche nei luoghi di villeggiatura durante le vacanze estive. Tra le persone offese figura un ragazzino che all’epoca dei fatti aveva solo 12 anni. Le altre vittime avevano tra i 13 e i 16 anni. L’aggravante dell’abuso di autorità si deve ai ruoli ricoperti da don Inzoli: a Crema, rettore del liceo linguistico Shakespeare e parroco della chiesa della Santissima Trinità.
Contro don Inzoli era già intervenuta la Santa sede, sotto Benedetto XVI,punendolo con lariduzione allo stato laicale. Francesco, in seguito, ammorbidì la sanzione e invitò il prete a condurre una vita di “preghiera e di umile riservatezza come segni di conversione e di penitenza”. Ma ‘don Mercedes’ si era recato, nel gennaio del 2015, al convegno sulla famiglia organizzato dalla Regione a Milano. In prima fila, in sala, Roberto Maroni; poco dietro don Inzoli, immortalato dai fotografi.
Duro il commento del procuratore di Martino nei confronti la Santa Sede per il diniego alla richiesta di rogatoria avanzata a suo tempo dalla procura. “Nonostante la Santa Sede non si sia prodigata nella consegna degli atti, sono contento che si sia giunti all’accertamento della verità. Se ci fosse stata più collaborazione, avremmo potuto sentire anche qualcun altro e in questo modo nelle testimonianze ci sarebbe stata una maggiore diversificazione”.
“La giustizia italiana ha fatto il suo corso”, ha commentato inveceFranco Bordo, parlamentare di Sinistra Italiana, che due anni fa sollevò la questione con un esposto dal quale prese il via la vicenda giudiziaria. “Dopo anni di silenzi, omertà e coperture, nonostante la mancata collaborazione da parte del Vaticano, in questo caso si è riusciti a ricostruire i reati legati a circa 20 episodi accertati. Dopo questa sentenza rimangono la vicinanza al dolore delle vittime e tanta amarezza: se i fatti fossero stati denunciati da chi di dovere e con tempestività, alcune di esse non avrebbero subito quella terribile
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