La linea del capo della Congregazione per la dottrina della fede: “La Chiesa non copre gli abusi. Può essere capitato in alcuni casi per ingenuità ma mai sistematicamente”
CITTÀ DEL VATICANO – Nelle stanze dell’ex Sant’Uffizio ci accoglie l’attuale prefetto della Dottrina della Fede, il cardinale tedesco Gerhard Ludwig Müller. Smentisce la vulgata che lo vuole guardiano “a destra” delle aperture “a sinistra” di Francesco. E, insieme, accetta di parlare – in occasione dell’uscita del suo libro “Indagine sulla speranza”, Cantagalli – delle sfide della Chiesa. Fra queste l’annoso problema della pedofilia nel clero: “La Chiesa, a differenza di tante altre istituzioni, sta davvero lavorando per la tolleranza zero. La strada è chiara a tutti: se un vescovo viene a sapere con certezza morale del verificarsi di alcuni casi di abuso su minori nella sua diocesi, deve dire alle vittime o ai genitori delle vittime di denunciare all’autorità competente quanto accaduto e, insieme, deve obbligare l’accusato ad auto denunciarsi”.
I casi di abusi sessuali su minori purtroppo non mancano, anche in Italia.
“L’Italia non è diversa dagli altri Paesi e pertanto non condivido la visione che propongono coloro che mostrano un Paese dove il clero abusa e i vescovi coprono. Non è così, nonostante casi dolorosi si siano verificati anche qui. Non dimentichiamo che in Italia, come negli altri Paesi, ci sono tanti buoni sacerdoti – e sono la maggioranza – che dedicano la loro vita per il bene dei fedeli”.
Non ritiene che se la Chiesa obbligasse sempre a denunciare tanti casi non si verificherebbero?
“I sacerdoti sono cittadini come tutti e in questo senso se commettono dei crimini devono rispondere davanti alle autorità civili e penali. Inoltre, le autorità religiose devono svolgere i loro processi canonici che possono arrivare come massima pena alle dimissioni dallo stato clericale. Gli abusi sessuali sui bambini sono dei delitti, dei crimini, e insieme anche dei peccati gravi. E quando un vescovo o un sacerdote viene a sapere di questi abusi deve dire alle vittime di andare a denunciare e anche all’accusato di presentarsi alla polizia perché è questa l’unica strada per evitare che i casi si ripetano. La Chiesa, ad ogni modo, non copre nulla. In alcuni casi può essere capitato per ingenuità, ma non sistematicamente. Quasi tutte le conferenze episcopali hanno scritto delle linee guida in merito. Certo, va detto che ordinare un prete con problemi di quel tipo può sempre essere possibile, perché, per quanto ci si impegni nel discernimento, non si può sempre leggere esattamente nella coscienza di un candidato se questi non si mostra sincero e disponibile; non sono pochi gli esperti, poi, che sostengono che spesso il predatore si accorge di essere tale soltanto nel momento in cui commette il crimine. Questo per dire che non è sempre facile prevenire sia per le autorità civili sia per quelle religiose. Fra l’altro, mentre spesso la prescrizione assolve chi ha commesso crimini all’interno del proprio Paese, la Chiesa è una delle poche istituzioni che invece non ammette sconti su questi crimini. Anche dopo anni possono arrivare sentenze dure”.
Francesco ha nella curia romana degli oppositori?
“Tutti i cardinali hanno studiato teologia, tutti conoscono la dottrina del papato e dell’episcopato. Siamo sacerdoti competenti che conoscono bene la missione del Papa, la sua importanza per tutti. Viviamo una collegialità affettiva ed effettiva con Francesco. Purtroppo alcuni media notano di più le legittime diversità di opinione e non la grande armonia. Il Papa è il 266esimo successore di Pietro, e ognuno, lui compreso, ha una sua storia. Questa individualità è la forma nella quale ognuno compie la sua missione. Francesco ha la particolarità di venire da un continente non europeo. Questa sua differenza è preziosa per noi”.
Soprattutto sul web non manca chi contrappone i suoi interventi sulla dottrina a quanto dice il Papa… “Sono piccole fazioni di destra e di sinistra che litigano fra di loro usando me e il Papa. Sono posizioni ideologiche che non condivido in nulla. Fra l’altro, fra non molto, uscirà proprio un mio libro sul Papa e sul papato… Tutti serviamo l’opera del Papa. Lavoriamo insieme per servire la sua missione”.
Pensa che sulla comunione ai divorziati risposati Francesco chieda un passo nuovo?
“Abbiamo il messaggio di Gesù e la Bibbia che dicono parole chiare sul fondamento del matrimonio nella volontà salvifica di Dio. Le condizioni sociologiche cambiano ma occorre anche tenere presente che vi sono diverse antropologie che non accettano la nostra, fondata nella Parola di Dio. Occorre annunciare il Vangelo senza tradirlo. Francesco vuole far sentire la vicinanza del Buon Pastore al popolo di Dio con la predicazione e la testimonianza della vita cristiana”.
Cosa significa vivere la misericordia?
“Dio non è un freddo legislatore, ma un Dio presente, vicino. Già nell’Antico Testamento Dio ha dimostrato la sua vicinanza verso il suo popolo liberandolo dalla schiavitù e donandogli latte e miele. Gesù era misericordioso verso i bisognosi, i malati… Vivere la misericordia è vivere il Vangelo nella sua interezza”.
C’è il rischio che insistere sull’amore porti in secondo piano il fatto che la verità per i credenti ha un nome, Gesù Cristo?
“Non c’è contraddizione. Dio è creatore di tutti gli uomini e ama tutti. Ognuno però ha una sua identità e va rispettata. Gesù non viene messo in secondo piano, anzi insistendo sull’amore, è la lingua stessa di Gesù che viene parlata. Recentemente Francesco ha incontrato i rappresentanti di altre culture. A loro ha detto: “Anche se non parliamo la stessa lingua possiamo capirci perché parliamo la lingua dello Spirito Santo che è l’amore””.
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