Adifferenza delle loro vittime, in Italia i sacerdoti godono di una fitta rete di strutture dette per “sacerdoti in difficoltà”, dove il clero colloca – spesso agli arresti domiciliari se non a regime detentivo – quelli pedofili, con l’impegno di curarli, cioè guarirli da una grave devianza della personalità che non è per via del disturbo guaribile, al massimo monitorabile. Tuttavia permettendo loro di evitare con il pretesto il carcere.
Come dettaglia il libro “Giustizia divina” che approfondisce la natura di quanto la Rete L’ABUSO iniziò a notare dagli atti giudiziari dal 2010, spesso sono gli stessi tribunali ad affidare i sacerdoti a queste strutture autonome gestite dal clero dove però, a differenza di un carcere o di una residenza detentiva domiciliare, il controllo è affidato alla struttura. Ovvero nessun controllo di polizia, il detenuto non è isolato, entra ed esce chi vuole in quanto la struttura non è un vero luogo di detenzione, ha altri ospiti con problemi differenti, che ricevono visite e non sono tenuti alle restrizioni di chi è in stato detentivo.
Curioso tuttavia notare che a fronte di tanta meraviglia da parte della chiesa per i numerosi e a loro dire “inaspettati” casi, questa ha creato più di 20 strutture pensando al dramma dei preti, ma nessuna per il dramma delle loro vittime. Di seguito quelle censite fino ad oggi.