Alla chiesa spesso si è rimproverato di nascondere chi ha sbagliato. Io mi auguro di non trovarmi mai a essere complice di chi commette un reato e non mi tirerò indietro qualora dovessi denunciare abusi da parte di uomini di chiesa. Qui però la questione è diversa e mi richiede di non tirarmi indietro nel riaccogliere e reintegrare un sacerdote. Perché o don Giacomo Ruggeri torna qui o questa storia rimane un incantesimo per tutta la vita. E non mi va di far morire una persona in esilio”.
Il vescovo di Fano Fossombrone Cagli Pergola ieri ha spiegato così le motivazioni che lo hanno portato a richiamare nella nostra diocesi l’ex parroco di Orciano, a 10 anni dalla sua condanna a un anno, 11 mesi e 10 giorni (pena scontata in appello) per atti sessuali su minore. “Questa scelta richiede un certo coraggio da parte sua, mia e di tutti – prosegue il vescovo Andreozzi -. Perché poi la gente ti ferma per strada e ti insulta pure. Le situazioni che accadranno non possiamo prevederle tutte, nel bene e nel male. Certamente c’è bisogno di qualcuno che ci aiuti a creare un clima di familiarità e anche di fiducia. Fiducia che io ho pienamente in questo prete, altrimenti non avrei fatto nessun passo in questa direzione. Non posso vedere in Giacomo uno stupratore seriale, un pedofilo recidivo come è stato detto in questi giorni…Se ci fosse stata anche solo questa lontanissima percezione, don Giacomo non sarebbe qui.
A ottobre scorso gli feci visita nella diocesi di Pordenone e, in seguito, ho mantenuto con lui un dialogo sereno, autentico e costruttivo. Ho trovato in lui un prete umile, consapevole del male compiuto e del bene ricevuto dall’estate 2012 ad oggi, con il coraggio necessario per capire le radici profonde della sua storia e della sua identità”. E’ il senso di chiesa e di concordia che vorrebbe crescesse a seguito di questo rientro nella sua comunità, la ragione profonda che ha spinto il vescovo ad una scelta, di certo non facile da prendere ma anche da capire. “Qui non si tratta di assegnare una carica o un ruolo – spiega -, ma di accogliere un fratello, che è da aiutare nel reinserimento nella sua terra e nel servizio al regno di Dio. Ritengo che, su oltre 220 diocesi in Italia, don Giacomo debba tornare proprio qui, perché qui è stato generato alla fede ed è stato ordinato presbitero. Non possiamo chiedere a altri quello che spetta solo a noi fare”.
Al vescovo è anche chiaro che non può pretendere di avere l’approvazione di tutti sul suo operato. “Le ragioni degli altri le rispetto, le accolgo, le leggo e ne prendo atto. Ma ritengo anche che su questa storia ci sia bisogno di uno sguardo nuovo. Non parlo del passato, ma per il presente e il futuro”.
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