- Ludovica Eugenio – Circa 440mila persone, l’1,13% della popolazione maggiorenne spagnola, dichiara di aver subito abusi sessuali in ambito ecclesiastico
Con circa 440mila persone che dichiara di aver subito abusi sessuali nel contesto della Chiesa, pari all’1,13% della popolazione maggiorenne spagnola, di cui circa la metà vittima di un prete o un religioso cattolico il rapporto sugli abusi oggi pubblicato, che copre gli ultimi 50 anni, fa della Spagna il paese con la più alta proiezione ufficiale di persone colpite, con un 30% in più rispetto alla Francia, il cui Rapporto Sauvé contava 330.000 vittime nel 2021.
La metà dei casi, circa 200 mila, riguarderebbe minori. Il rapporto si basa su un sondaggio condotto su 8.000 persone e commissionato dalla commissione d’inchiesta sul fenomeno avviata dal Parlamento e curata dall’istituzione del Difensore civico. Un’indagine durata 15 mesi, nata da una grande inchiesta giornalistica del quotidiano El Pais..
Ángel Gabilondo, difensore civico, che ha coordinato i lavori di un anno e mezzo della commissione, ha precisato in conferenza stampa che la maggior parte degli abusi si è verificata tra il 1970 e il 1990. Inoltre, la commissione di esperti ha intervistato 487 vittime di abusi sessuali, dei quali circa un terzo ha evidenziato problemi emotivi legati allo stress post-traumatico.
Per il difensore civico, che il 27 ottobre ha consegnato ufficialmente il rapporto di oltre 700 pagine al parlamento spagnolo, che lo aveva commissionato nel marzo 2022, il testo è una “risposta” alla “sofferenza e alla solitudine” delle persone colpite.
Nella Chiesa cattolica spagnola “purtroppo da molti anni prevale una certa volontà di negare gli abusi o di nascondere o proteggere gli autori di abusi”, ha denunciato Gabilondo.
Tra le raccomandazioni del rapporto spicca “la creazione di un fondo statale per risarcire” le vittime. La Chiesa cattolica, che per anni ha rifiutato categoricamente qualsiasi indagine esaustiva, ha rifiutato di partecipare alla commissione, anche se alla fine ha fornito i documenti.
La Conferenza episcopale, che non ha commentato la notizia, ha convocato per lunedì un’assemblea straordinaria per prendere posizione.
- Federica Tourn – Rupnik accolto nella diocesi di Capodistria
Marko Rupnik, il celebre sacerdote e artista accusato di aver abusato di diverse donne ed espulso dalla Compagnia di Gesù lo scorso 14 luglio, è stato incardinato nella diocesi di Capodistria dal vescovo Jurij Bizjak alla fine di agosto. La voce in Slovenia girava da tempo, ma fino a ieri non si aveva alcuna conferma ufficiale. Secondo quanto ha dichiarato il vicario generale Slavko Rebec, «il vescovo di Capodistria ha accettato sulla base del decreto di dimissione di Rupnik dall’ordine dei gesuiti e sulla base della richiesta di ammissione di Rupnik alla diocesi di Capodistria». L’incardinazione del sacerdote è avvenuta «sulla base del fatto che non era stata emessa alcuna sentenza giudiziaria nei confronti di Rupnik – prosegue monsignor Rebec – chiunque risulti accusato di un reato penale ha il diritto di essere presunto innocente fino a quando
è giudicato colpevole in base alla legge, in un procedimento pubblico in cui gli viene data la possibilità di difendersi. Fino a quando Rupnik non sarà condannato, gode di tutti i diritti e le libertà fondamentali dei sacerdoti diocesani»
Rupnik aveva semplicemente bisogno di un vescovo che lo accogliesse formalmente per poter continuare a esercitare il ministero come sacerdote diocesano. Infatti non si trova attualmente a Capodistria e né ci lavorerà, ma è «ufficiosamente» a Roma, come ha dichiarato candidamente don Božo Rustja, portavoce della diocesi di Capodistria, ripreso da Družina. È da notare che il vescovo di Capodistria ha dato le dimissioni più di un anno fa per ragioni di età (ha compiuto 75 anni nel febbraio 2022) ed è in attesa che papa Francesco nomini un successore. Secondo quanto si dice nella chiesa slovena, la sedia da vescovo a Capodistria era già pronta per Ivan Bresciani quando è scoppiato lo scandalo Rupnik e tutto è stato congelato. Bresciani, già vicedirettore del Centro Aletti e per sei anni provinciale dei gesuiti in Slovenia, è fra i fedelissimi di Rupnik ed è uscito dalla Compagnia di Gesù poco dopo l’espulsione del confratello. Sempre secondo quanto riferisce Družina, anche altri tre ex gesuiti sloveni del Centro di via Paolina sarebbero stati accolti dal vescovo Maksimilijan Matjaž nella diocesi di Celje, a una settantina di chilometri dalla capitale, ma manca ancora la conferma ufficiale.
Fonte: Domani
- Francesco Zanardi – Molestie sessuali sui pazienti psichiatrici, tre anni a don Federico De Bianchi
Il Tribunale di Treviso ha condannato un sacerdote della Diocesi di Vittorio Veneto, don Federico De Bianchi, imputato di presunte molestie sessuali nei confronti di quattro persone ricoverate, tra il 2009 e 2010, nel reparto di psichiatria dell’ospedale dove prestava servizio come cappellano. Lo riferisce una nota della stessa Diocesi. Il giudice ha assolto don De Bianchi per uno dei quattro casi, e lo ha prosciolto per altri due; per il quarto caso ha riconosciuto la parziale validità dell’accusa, con la conseguente condanna a tre anni dell’imputato.
L’accusa aveva chiesto una pena di otto anni di reclusione. De Bianchi «continua a confidare nella giustizia – precisa la nota – ed esprime la disponibilità a proseguire l’iter giudiziario ‘con la serenità che viene dalla mia coscienzà, afferma».
Il vescovo di Vittorio Veneto, mons. Corrado Pizziolo, esprime «dispiacere per l’esito del primo grado di questo lungo processo, durato già quasi sette anni, che vede come imputato don De Bianchi. Fin dall’inizio del procedimento don Federico ha sostenuto la propria innocenza, rinunciando a qualsiasi forma di patteggiamento, sicuro che la sua innocenza sarebbe stata documentata dal dibattimento».
«In base agli elementi di cui sono a conoscenza rimango convinto che don Federico sia estraneo alle azioni di cui è accusato. Proprio per questo – conclude – incoraggio il ricorso in appello, convinto che sarà dimostrata la sua estraneità a quei fatti che, ancora, gli sono imputati».
- Alessio Di Florio – Elisa Claps, in occasione della manifestazione per l’anniversario accusato di abusi sessuali l’ex parroco
Sono passati esattamente trent’anni dalla scomparsa di Elisa Claps. Una prima verità arrivò solo dopo diciassette anni quando il corpo della ragazza fu ritrovato all’interno della Chiesa della Santissima Trinità a Potenza. Ci sono alcuni punti fermi sulla vicenda ma trent’anni dopo tanti sono ancora gli interrogativi, i dubbi, le verità parziali o mancate.
La Chiesa della Santissima Trinità è stata riaperta al pubblico e tornerà alla sua normale quotidianità religiosa nonostante le proteste della famiglia Claps. In occasione del trentennale della scomparsa di Elisa Claps (e del suo assassinio perché le indagini e i processi hanno accertato che fu uccisa il giorno stesso della scomparsa) si è tenuta una manifestazione di fronte la Chiesa. «Io in quella chiesa – ha dichiarato uno dei presenti, Dino Quarantino – sono stato abusato» aggiungendo, riporta il Quotidiano del Sud, dopo che alcuni presenti gli hanno urlato di fare nomi, di essere «indignato da quella targa apposta all’interno che ricorda don Mimì Sabia», il parroco della Santissima Trinità oggi deceduto.
Fonte: Quotidiano del Sud
- Francesco Zanardi – CIVITAVECCHIA: Don Ivan Leto salvato dalla prescrizione
Si è svolto mercoledì a Civitavecchia il processo nei confronti di don Ivan Leto, all’epoca dei fatti parroco della parrocchia di san Giordano Martire, rinviato a giudizio per diffamazione ai danni del Presidente della Rete L’ABUSO.
Il sacerdote aveva ospitato nel 2015 un prete, don Francesco Rutigliano, condannato dal santo uffizio per abusi sessuali a danno di minori, omettendo la cosa ai fedeli e lasciandolo a contato con minori. Fedeli che tuttavia si accorsero dei precedenti del sacerdote attraverso il sito della Rete L’ABUSO che ne documentava il caso.
Ad aggravare il tutto il fatto che la stessa vittima di don Francesco Rutiliano fuggita dalla Locride dopo gli abusi, si fosse rifatta una vita proprio a Civitavecchia, dove il prete che l’abusò, dopo la sospensione di cinque anni fu reintegrato.
Se pur don Leto dichiarò alla Rete L’ABUSO di non essere a conoscenza dei precedenti del collega, che fu costretto a lasciare la parrocchia, pubblicò falsità diffamanti a suo sostegno contro l’associazione e attraverso il sito della stessa diocesi dove affermava in totale malafede che Francesco Zanardi, presidente della Rete L’ABUSO, per quei fatti fosse stato raggiunto da un avviso di garanzia già notificato e un procedimento da parte del Garante, oltre il fatto che a suo dire, Zanardi non fosse nuovo ad azioni diffamatorie contro il clero. Notizia totalmente falsa.
Tuttavia i provvidenziali ritardi della giustizia italiana, se pur avesse ravvisato la diffamazione aggravata già su base documentale, hanno permesso che il reato si prescrivesse, sia per quanto riguarda il prete, sia per la Diocesi, di fatto responsabile della diffamazione a mezzo stampa.
Questa mattina il colpo di scena in aula, dove il difensore della Rete, l’avvocato Mario Caligiuri, non ha potuto che riscontrare purtroppo l’estinzione del reato a causa dell’intervento dei termini prescrittivi.
- Federico Tulli – Diciassette secoli di pedofilia nella Chiesa cattolica
È l’anno 305 quando il Concilio di Elvira stabilisce come punizione per gli «stupratores puerorum» il rifiuto della comunione. Poi, per un migliaio di anni poco o nulla viene tramandato. Certamente non perché miracolosamente gli abusi siano cessati.
Ecco cosa annota lo storiografo Claudio Rendina nel suo libro I peccati del Vaticano (Newton Compton, 2009):
«Stranamente l’alto e basso Medioevo non ci rivelano casi di pedofilia nei quali siano coinvolti ecclesiastici, ma questo dipende anche dall’ignominioso concetto che i bambini di quel tempo sono ritenuti posseduti dal demonio, tanto da essere torturati e bruciati vivi affinché possano espiare le loro colpe. Questi bambini non sono altro che i capri espiatori su cui sfogare libidini, risentimenti politico-religiosi, superstizioni e paure di un’intera comunità, e quindi eventuali casi di pedofilia rientrano nell’applicazione di certe condanne».
Tutta la storia della Chiesa è dunque attraversata da episodi di abusi e violenze sui bambini di cui si sono resi protagonisti anche numerosi pontefici.
Dal 366, con Damaso I, fino al 1550, con Giulio III, se ne contano diciassette. Come Sergio III il quale, salito al trono pontificio nel 904 a quarantacinque anni, ebbe per amante la quindicenne Marozia. E come Sisto IV, papa dal 1471 al 1484, noto alle cronache dell’epoca per la sua relazione con un dodicenne. E poi ancora Giulio II, nel 1511, con il piccolo Gonzaga di dieci anni. E Giulio III con Innocenzo del Monte, anche lui dodicenne, che lo stesso Papa nominerà cardinale a diciott’anni.
Siamo nel 1550 e una pasquinata di allora recita:
Ama Del Monte con ugual ardore
la scimmia e il servitore.
Egli al vago femmineo garzoncello
ha mandato il cappello*:
perché la scimmia, a trattamento uguale,
non fa pur cardinale?
Scopri di più da Rete L'ABUSO
Abbonati per ricevere gli ultimi articoli inviati alla tua e-mail.