Avrebbero in sostanza frainteso. E dunque, anche se tale fraintendimento “non cancella l’esistenza oggettiva di una condotta di violenza sessuale”, che dunque c’è stata, di fatto “impedisce di ritenere penalmente rilevante la loro condotta”.
Così si legge nelle motivazioni della sentenza con la quale il giudice del tribunale di Firenze nel marzo scorso, oltre quattro anni dopo i fatti, che avvennero a settembre 2018, ha assolto al termine del rito abbreviato due ragazzi appena maggiorenni accusati di stupro di gruppo (di un terzo ‘partecipante’, minorenne, si è occupato il tribunale minorile).
La sentenza è uscita a marzo ma le motivazioni, riportate ieri da Il Tirreno di Firenze e riprese poi da tutti i principali quotidiani e agenzie di stampa, solo nei giorni scorsi. I fatti si sono svolti in una festa a cui parteciparono una decina di persone, nei pressi di Rufina. Alcol e ‘fumo’ in abbondanza.
La ragazza, appena maggiorenne, avrebbe assunto alcol e sarebbe stata in una condizione psicofisica molto precaria, non in grado di esprimere un consenso. Questo non avrebbe impedito ai tre di cercare in tutti i modi rapporti sessuali con lei, che ha denunciato di avere più volte detto ai ragazzi si smetterla.
Nelle motivazioni si parla “in capo agli imputati”, cioè dei due ragazzi, di “falsa convinzione della libera disponibilità della ragazza a qualsiasi tipo di rapporto”. Sempre nelle motivazioni, riportate dal Tirreno, si legge che “la ragazza era in uno stato di alterazione più o meno accentuato e non appariva in grado di esprimere un valido consenso a un rapporto plurimo”.
Si dice inoltre che i ragazzi avrebbero continuano a farla bere perché “probabilmente l’intenzione degli imputati era di facilitare la perdita di eventuali freni inibitori della ragazza”.
Sono stati “accertati”, nelle parole del giudice che ha assolto i giovani, come riportate oggi da Repubblica Firenze, “atti sessuali non pienamente voluti”. Si legge poi di “non piena credibilità” e “scarsa attendibilità” delle dichiarazioni della ragazza, che in passato avrebbe avuto un rapporto sessuale filmato con uno dei due giovani, fatto che non può però in alcun modo – almeno non dovrebbe -, sminuire la volontà di opporsi ad un successivo rapporto sessuale.
Nelle motivazioni si dice anche che la percezione sbagliata sulla volontà della ragazza “non cancella l’esistenza oggettiva di una condotta di violenza sessuale”, che dunque c’è stata, ma “impedisce di ritenere penalmente rilevante la loro condotta”.
Si sottolinea inoltre nelle motivazioni come i due imputati siano “condizionati da un’inammissibile concezione pornografica delle loro relazioni con il genere femminile, forse derivante di un deficit educativo e comunque frutto di una concezione assai distorta del sesso”. Alla fine, sono comunque stati assolti. Sdegno e rabbia sono seguite alla pubblicazione delle motivazioni della sentenza.
“Sentenza aberrante”
“Inutile stupirci ogni volta per sentenze di questo genere: serve a poco. Pensiamo piuttosto a concordare quali iniziative intraprendere, anche sul piano della formazione degli operatori del diritto, per non assistere più ad aberrazioni di questo tipo”. Così all’AdnKronos Daniela Carlà, promotrice dell’Associazione Noi Rete Donne, commentando la sentenza del Tribunale di Firenze che ha assolto due ragazzi dall’accusa di violenza sessuale nei confronti di una 18enne per “errata percezione del consenso”.
“Quando parliamo di strumenti per rimuovere la violenza è necessario partire dalla consapevolezza che questa violenza fonda le sue radici in una cultura patriarcale. Tale cultura – prosegue Carlà – non vede la necessità che siano le donne a scegliere per la propria vita e per la propria libertà sessuale, ma sia la società. L’unica risposta possibile in questo caso è portare avanti un’attività condivisa di informazione costante sul tema. Per quanto riguarda questa sentenza, mi rendo anche conto che dal punto di vista del diritto penale si debbano valutare i singoli casi con molta attenzione, soprattutto perché sono i singoli casi a fare la collettività”.
“Un ‘no’ è un ‘no'”
“Il tema del consenso è centrale: una ragazza o una donna può revocarlo in qualsiasi momento, anche dopo un approccio iniziale con il suo partner”. Che si tratti di un uomo maturo o di un giovane, poco cambia: “la volontà della donna va rispettata a prescindere, un ‘no’ è sempre un ‘no’ altrimenti è stupro”. Così, sempre all’agenzia di stampa Adnkronos Salute, Rolando Paterniti, coordinatore scientifico del Master Psicopatologia forense e Criminologia dell’Università degli Studi di Firenze, commentando la sentenza.
“Violenza riconosciuta ma giustificata”
“Quello che ci colpisce e ci fa infuriare di questa sentenza, è che nonostante venga riconosciuto l’atto di violenza lo si giustifichi spostando sulla ragazza, la vittima, la responsabilità di non aver dissentito abbastanza”. Commenta così, ancora all’Adnkronos, Elisa Ercoli, presidente dell’associazione Differenza Donna.
“In realtà – prosegue Ercoli – sembra che questo dissenso ci sia stato e quindi ci viene da pensare che ai due ragazzi venga riconosciuta una maggiore credibilità rispetto alla vittima. Insomma, potremmo dire che in questa sentenza sono racchiusi gli stereotipi che noi, tramite la formazione, dobbiamo superare. Del resto, già riconoscere che questi ragazzi abbiano ‘una distorta percezione della sessualità e della relazione con le donne’ è la premessa di un comportamento violento e quindi è assolutamente anche poco coerente nella dinamica della sentenza”.
“Non si può rimanere in silenzio”
“Abbiamo appreso dalla stampa le motivazioni della sentenza, le sentenze non si commentano si usava dire, ma stavolta non si può rimanere in silenzio, siamo colpite profondamente. La vicenda conferma purtroppo, e non ne avevamo bisogno, a danno di un’altra donna, la insufficiente attenzione e specializzazione, relativamente a tutti i gradi del processo, sulla violenza di genere ed in particolare sulla violenza sessuale”, scrive invece in una nota la Cgil Toscana e fiorentina, chiedento di “dare corso con forza e tempestività alle linee di indirizzo del Csm che non ha mancato di confermare «la valenza irrinunciabile della specializzazione degli uffici» – requirenti e giudicanti – che trattano i procedimenti relativi ai reati di violenza di genere. Servono specializzazione e formazione della magistratura inquirente e giudicante sui reati di violenza di genere ed in particolare violenza sessuale”.
https://www.firenzetoday.it/cronaca/accusati-stupro-assolti-errato-consenso-rabbia-donne-sentenza-aberrante.html
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