PARIGI-ADISTA. Mentre ci si chiede quale sia il motivo per cui è stata annullata la visita tra papa Francesco e il presidente della Ciase Jean-Marc Sauvé, che in Francia ha indagato sulla pedofilia nella Chiesa, prevista per il 9 dicembre prossimo, una notizia sembra poter offrire una risposta: secondo quanto riporta la Croix (25(11), otto membri dell’Accademia cattolica di Francia hanno denunciato il rapporto Ciase, per debolezze metodologiche, teologiche e giuridiche e analisi azzardate, in un documento di 15 pagine che hanno inviato a papa Francesco.
È anzitutto criticata la copertura mediatica del rapporto Sauvé, in particolare per quanto riguarda la stima di circa 330.000 vittime di abusi sessuali commessi nella Chiesa: «Abbiamo il diritto di interrogarci sulla metodologia dell’indagine quantitativa che ha portato all’opinione pubblica la cifra di 330.000 vittime, l’unica cifra citata dai media».
Il documento prosegue con una decifrazione dei dati che compaiono nel rapporto, opponendo al numero di testimonianze ricevute, pari a 2.738, l’approccio statistico del sondaggio di opinione Ifop di circa 330.000, e la stima della Scuola Pratica di Studi Superiori (EPHE) a 27.808 persone.
«Il rigore scientifico non ha guidato il suo lavoro», accusa il documento. (…) La valutazione sproporzionata di questa piaga alimenta il discorso di carattere “sistemico” e pone le basi per proposte di abbattimento della Chiesa-istituzione», denunciano gli otto firmatari, tra i quali il presidente dell’Accademia, Hugues Portelli, ma anche p. Jean-Robert Armogathe, il filosofo Pierre Manent e p. Philippe Capelle-Dumont.
La critica si sposta poi sul piano filosofico e teologico, affermando che le raccomandazioni del Rapporto Sauvé «esigono cambiamenti pastorali e dottrinali della Chiesa cattolica». La commissione avrebbe prestato in particolare poca attenzione all’Antico Testamento, facendo riferimento solo ai Vangeli, e avrebbe ignorato il contenuto del Catechismo della Chiesa Cattolica nel suo approccio alla teologia morale: «È deplorevole che un testo che ha messo in campo tanti mezzi, umani e finanziari, (…) possa rivelare un’ecclesiologia imperfetta, un’esegesi debole, una teologia morale superata».
La lettera degli otto accademici cita poi un contesto favorevole alla pedofilia negli anni 1950-1970, e afferma che «la Chiesa cattolica vive in un corpo sociale dai confini inevitabilmente permeabili», e che «la responsabilità di alcuni suoi membri deve tener conto di un contesto psicologico, filosofico e teologico. Il che nulla toglie all’orrore dei delitti commessi».
Si ha l’impressione che il testo cerchi di spostare la Chiesa istituzione dal centro dello scandalo: «La Chiesa non è una persona giuridica. La responsabilità invece coinvolge una persona responsabile alla quale il danno può essere attribuito». I membri dell’Accademia sottolineano inoltre che «Gli errori devono essere stabiliti in modo accurato» e che «non sembra possibile attaccare solo di dichiarazioni da parte delle vittime».
«La relazione del Ciase nasce da un passo coraggioso e giustificato», ammettono i firmatari che, denunciando le debolezze del documento, relativizzano insomma la portata delle sue conclusioni: «Le raccomandazioni di una commissione senza autorità ecclesiale o civile possono essere solo indicative nel guidare l’azione della Chiesa e dei suoi fedeli. Alcune potrebbero essere rovinose per la Chiesa (…) . Altre mettono in dubbio la natura spirituale e sacra della Chiesa».
Lo studio è stato inviato anche a uno dei promotori del rapporto, mons. Éric de Moulins-Beaufort, presidente della Conferenza episcopale di Francia e anche lui membro dell’Accademia cattolica.
https://www.adista.it/articolo/67109
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