È fissata per il 1° ottobre a Savona l’udienza civile che vede le vittime (la prima delle 5 richiedenti) del sacerdote Nello Giraudo citare in giudizio la Diocesi di Savona, che pur sapendo delle tendenze pedofile del suo prete, nulla fece per impedire che questo commettesse altri abusi ai danni di minori cattolici affidati alle sue cure.
Un precedente storico per l’Italia, che fino ad oggi non aveva mai valutato l’indennizzo di vittime di preti pedofili in assenza una condanna penale.
La Diocesi di Savona e i suoi vescovi, prima Vittorio Lupi, poi Caloggero Marino, si erano sempre rifiutati persino di riconoscere gli abusi del Giraudo, ben dettagliati dal 1980 persino negli archivi diocesani, anche a fronte del suo patteggiamento del 2012, in favore di una sola delle vittime note, non ancora penalmente prescritta.
Le parole del Gip Fiorenza Giorgi nell’archiviazione dell’allora vescovo di Savona Dante Lafranconi (salvato dalla prescrizione) furono durissime “la disposta archiviazione nulla toglie alla pesantezza della situazione palesata dalle espletate indagini dalle quali è emerso come la estrema gravità delle condotte criminose del Giraudo non fosse stata per nulla considerata; dai documenti, perfettamente in linea con l’atteggiamento omissivo del Lafranconi, risulta – è triste dirlo – come la sola preoccupazione dei vertici della Curia fosse quella di salvaguardare l’immagine della diocesi piuttosto che la salute fisica e psichica dei minori che erano affidati ai sacerdoti della medesima e come principalmente (per non dire unicamente) per tale ragione l’allora vescovo di Savona non aveva esercitato il suo potere-dovere di controllo sui sacerdoti e di protezione dei fedeli. Altrettanto triste è osservare come, a fronte della preoccupazione per la “fragilità” e la “solitudine” del Giraudo e il sollievo per il fatto che “nulla è trapelato sui giornali”, nessuna espressione di rammarico risulta dai documenti agli atti a favore degli innocenti fanciulli affidati alle cure del sacerdote e rimasti vittime delle sue “attenzioni”.
La Rete L’ABUSO aveva tentato per le restanti cinque vittime una conciliazione con la Diocesi di Savona, ottenendo solo un ulteriore ed irrispettoso affronto alle vittime e al valore della vita umana, che l’attuale vescovo Caloggero Marino avrebbe voluto indennizzare in modo propagandistico e oltraggioso, con l’istituzione di un numero verde, presso il quale non solo le vittime non avrebbero potuto trarre una occupazione lavorativa, ma che addirittura avrebbe indirizzato gli stessi malcapitati utenti, verso le omertose gerarchie cattoliche, oggi quotate solo da certa stampa, ma combattute dalle associazioni delle vittime di tutto il pianeta, per l’omertà e lo spiccato favoritismo nei confronti dei preti criminali.
E’ stata proprio arroganza dei vescovi, a stimolare il Presidente della Rete L’ABUSO – coinvolto personalmente nell’udienza in oggetto – a procedere a suo personale rischio, reclamando quanto oramai, anche in Italia, la giurisprudenza e la letteratura in materia, da anni riconoscono negli altri paesi.
Di qui il precedente storico in quanto il Giudice, malgrado la Diocesi rigettando le accuse metta in dubbio persino le tendenze pedofile del Giraudo e invochi la prescrizione, ha deciso di procedere nel giudizio, nominando un perito di fiducia che presterà giuramento nell’udienza del 1° ottobre.
La difesa della vittima è assegnata all’avvocato Elena Peruzzini, vice Presidente della Rete L’ABUSO che nomina come perito di parte (ctp) la dottoressa Luisa D’Aniello, da anni consulente dell’associazione.
La Redazione
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