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Home Lombardia

La Chiesa deve difendere nostro figlio

Redazione Web by Redazione Web
5 Ottobre 2019
in Lombardia
Reading Time: 5 mins read
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Parlano i genitori di un ragazzo che denunciò gli abusi subiti da un prete

“Otto anni fa mio figlio subì violenza dal suo padre spirituale. E l’attuale capo della diocesi di Milano non volle punirlo. Vogliamo giustizia”

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“Mio figlio ha tentato quattro volte il suicidio dopo essere stato abusato da un prete a 15 anni: il Vescovo, pur essendo venuto a conoscenza dei fatti, non ha preso provvedimenti adeguati. Oggi chiedo le sue dimissioni“.

Cristina Balestrini 53 anni, infermiera caposala in comunità psichiatriche e riabilitative, è mamma di due ragazzi avuti con il marito Ettore Battaglia; il minore dei loro figli, Alessandro, oggi 23 anni, nel 2011 ha subito una violenza dal suo padre spirituale, don mauro Galli, oggi 40 anni. La vita di Alessandro da allora è stata completamente sconvolta e così quella dei suoi familiari, che con forza, hanno cercato di non arrendersi né alla rabbia né al dolore. Nel 2018 don Galli è stato condannato in primo grado a 6 anni e 4 mesi di carcere per violenza sessuale nei confronti di Alessandro, e oggi i suoi genitori chiedono le dimissioni dell’arcivescovo di Milano, monsignor Mario Delpini, sostenendo che, pur essendo a conoscenza del grave fatto, si limitò a spostare il prete in un’altra comunità, tra l’altro affidandogli un incarico sempre con dei minori.

Proprio in questi giorni la Balestrini ha descritto il suo difficile percorso interiore e i tormenti che prova nei confronti della chiesa in un libro che è stato pubblicato da Amazon “Chiesa: perché mi fai male?”: un messaggio di denuncia ma anche di speranza, il cui ricavato è destinato a Rete L’Abuso, www.retelabuso.org.

Vi proponiamo l’intervista con lei con l’avvertenza che don Galli è stato condannato soltanto in primo grado, e quindi per lui vale ancora la presunzione d’innocenza che tocca a chiunque sia sotto processo.

Cristina, per quale motivo chiedete le dimissioni di Delpini?

“Come gesto di concreta coerenza nella direzione della “tolleranza zero” di cui parla sempre il Papa. Monsignor Delpini, all’epoca vescovo ausiliario di Milano, era stato avvisato subito dell’abuso, lo ha dichiarato anche lui alla polizia, ma ha scelto di non avviare alcuna indagine, ha spostato il prete e lo ha destinato a un incarico sempre con i minori. La Chiesa non può continuare a rimanere indifferente a simili comportamenti, sta perdendo questa battaglia contro la pedofilia, e risulta sempre meno credibile nei suoi proclami”.

Cosa è accaduto a vostro figlio Alessandro, all’epoca quindicenne?

“Qualche giorno prima di Natale 2011, don Mauro Galli, suo padre spirituale, chiese a me e mio marito il permesso di lasciar dormire nostro figlio in parrocchia a Rozzano la sera successiva per le attività di preghiera in preparazione al Natale. Ci lasciò intendere che tutto il gruppo di ragazzi avrebbe passato la notte in oratorio, ma così non è stato. La mattina successiva, Alessandro è stato accompagnato a scuola direttamente da don Mauro, ma poco dopo sono stata chiamata dagli insegnanti perché mio figlio aveva un forte malessere, invitandomi ad andare a prenderlo il prima possibile. L’ho trovato in uno stato di shock che non riuscivo a spiegarmi, finché gli ho chiesto cosa fosse accaduto quella notte e lui mi ha subito fatto capire che era successo qualcosa di molto grave, tanto da non lasciare dubbi. Abbiamo messo a conoscenza della cosa il nostro Parroco”.

Come è cambiato Alessandro dopo questa violenza?

“Prima era sempre allegro, solare, aveva tanti amici, frequentava l’oratorio e gli scout, aveva la ragazzina, suonava la chitarra e il pianoforte, giocava a calcio con gli amici. Dal giorno successivo all’abuso tutto è cambiato, era impossibile avere contatti fisici con lui, spesso piangeva o si chiudeva in bagno al buio facendo docce interminabili e singhiozzando. Negli anni è stato un progressivo peggioramento fino ad arrivare a fare quattro tentativi di suicidio. Fin da subito è stato seguito da una neuropsichiatra infantile e poi da psichiatri una volta diventato maggiorenne. Solo nel 2017 abbiamo trovato un centro specializzato per la cura del disturbo post-traumatico, Alessandro è tuttora seguito dallo specialista”.

Avete perso fede?

“Chi ha violentato mio figlio è stato un uomo, ministro di Dio, ma un uomo. Avere Fede è qualcosa di più profondo, non posso fermarmi alla dimensione umana. Per me è fondamentale la preghiera, il rapporto con Dio e il suo sostegno è quello che mi ha permesso di andare avanti. Sono stati tantissimi i momenti di sconforto in questi anni, ma non ho mai ceduto alla disperazione. Personalmente ho la necessità quotidiana di iniziare la giornata con la preghiera, la mia sveglia suona alle 4.30 proprio per permettermi di avere un lungo momento in cui stare con Dio. Alessandro invece, non riesce più a credere nella Chiesa”.

Avete perdonato don Galli?

“Mantenere rabbia o risentimento nel mio cuore non avrebbe cambiato la realtà o alleviato la sofferenza di mio figlio. Senza rabbia si è più forti, si può sperimentare una serenità interiore che non esclude il desiderio di giustizia. E poi, alla fine anche don Galli è una vittima della Chiesa: nessuno lo ha aiutato a prender coscienza del reato che ha commesso, del male che ha trasmesso, delle conseguenze profonde di aver rovinato la vita di un ragazzino, di averlo spinto a desiderare di farla finita”.

Ora Alessandro come sta?

“Si è diplomato con due anni di ritardo proprio a causa del trauma riportato. Gli attacchi di panico sono ancora frequentissimi, così come i periodi di sconforto. Sta lavorando come grafico e sogna di sposarsi, avere una famiglia, dei bambini. Talvolta però, lo sconforto ha il sopravvento e dice che il pensiero del suicidio è ancora in agguato, ma voglio aggrapparmi alla speranza che anche per lui ci sia qualcosa di bello nella vita e non solo sofferenza”.

Come mai avete deciso di collaborare con la Rete L’abuso?

“Scoprire di non essere gli unici, condividere, sapere di poter contare su qualcuno è stato fondamentale per noi. Attraverso la conoscenza di altre vittime e la partecipazione a momenti di raduno internazionale, Alessandro è stato aiutato a fare il passaggio fondamentale da “vittima” a “sopravvissuto”.”

Avete scritto anche una lettera a Papa Francesco chiedendogli di potervi incontrare, ma questo incontro non è ancora avvenuto…

“Non so nemmeno se abbia più un senso. Troppi silenzi e troppi proclami inutili. Per combattere davvero la pedofilia nella chiesa bisognerebbe rendere obbligatoria la denuncia alla magistratura da parte di tutti quelli che vengono a conoscenza di abusi, aprire gli archivi segreti con i dati sui preti pedofili, e risarcire le vittime, ma nulla di tutto ciò è stato fatto”.

Vi siete costituiti parte civile al processo: avrete un risarcimento?

“Abbiamo già ricevuto un’offerta che non è possibile chiamare risarcimento in quanto non si avvicina neanche lontanamente a quanto previsto come risarcimento del danno subìto stabilito dalla perizia medico-legale. Lo consideriamo una sorta di “rimborso spese” che abbiamo accettato perché non saremmo riusciti a sostenere le spese processuali e di cura”.

Quando è previsto l’inizio del processo di appello?

“Ancora non si sa. La nostra unica speranza è che la condanna venga confermata”.

(trascrizione da Visto Tv del 25 settembre 2019)

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