TREPUZZI (Lecce) – Fatti troppo datati. Non si può fare nulla contro la clessidra che, inesorabilmente, ha annullato qualsiasi accusa nei confronti del prete, originario di Trepuzzi, accusato di pedofilia nei confronti di una decina di giovani. Così come riportiamo in esclusiva il sostituto procuratore Stefania Mininni, magistrato in forza al pool dei reati contro la persona e le fasce deboli, ha avanzato richiesta di archiviazione per il sacerdote sospeso da più di un anno dalla Curia e che non può più svolgere cerimonie pubbliche. Per tenere in vita il fascicolo dovevano arrivare sul tavolo del magistrato denunce più recenti che, in realtà, non sono mai arrivate. E in questi mesi d’indagine, dato forse più sconfortante, non sarebbero mai arrivati segnali di repisiscenza da parte del parroco mentre la Curia, a fare da contraltare, si è subito prodigata capendo la gravità dei fatti e dimostrando grande rispetto per le vittime.
A mettere in moto l’indagine era stata la querela di una delle presunte vittime che all’epoca dei fatti aveva 9 anni e che ora risiede all’estero. Ma quanto accaduto quando non era neppure un adolescente è affiorato nei ricordi solo in questi ultimi anni. Proprio nel giorno dell’anniversario del suo matrimonio nel 2016. Tanto che Stefano (nome di fantasia) fu persino costretto al ricovero. Il prete, si leggeva nella denuncia, aveva rimpiazzato nel ruolo e nella figura il padre del giovane dopo il divorzio della madre. Il sacerdote avrebbe frequentato casa del ragazzo, aiutandolo negli studi, accompagnandolo nell’iniziale desiderio di indossare l’abito talare. Ben presto, però, quell’amico di famiglia si sarebbe rivelato un pedofilo.
Gli abusi sarebbero andati avanti fino fino a quando il ragazzino non raggiunse i 16 anni d’età quando decise di fuggire all’estero (in Germania) per rifarsi una propria vita. Nei mesi scorsi, poi, sul sito Retel’abuso.it, venne pubblicata integralmente la telefonata tra Stefano e il sacerdote che, messo alle strette sulle sue responsabilità, tentò di corrompere la vittima chiedendogli l’Iban per potergli fare un regalo in vista del matrimonio. “È stata la natura”, diceva al telefono ignorando di essere registrato, “è stata una debolezza ma io ti ho voluto sempre bene, mica ti ho fatto del male, mica ti ho violentato..ora facciamo come vuoi…ti devo dare qualcosa?”.
Complessivamente sul tavolo del magistrato inquirente è finita una decina di denunce. Tutte piuttosto datate. Come quella depositata ad aprile da un 40enne, originario di Pisignano (frazione di Vernole). I fatti, però, come negli altri, sono piuttosto datati. Risalgono al 1984. All’epoca, il ragazzo vide un amico accovacciato sul tavolo mentre veniva sodomizzato dal parroco. Che chiuse la porta per continuare a fare quello che stava facendo. Alle minacce di lanciargli una seggiola il parroco riferì che se anche avessero raccontato qualcosa non sarebbero stati creduti da nessuno. Ma a lui che era un sacerdote. Per fatti, a distanza di anni, ormai prescritti,che non potranno mai essere accertati se si siano effettivamente verificati.
Scopri di più da Rete L'ABUSO
Abbonati per ricevere gli ultimi articoli inviati alla tua e-mail.