Riceviamo e pubblichiamo
Spettabile Redazione,
Ci rivolgiamo a codesta “rete L’ABUSO” per partecipare le ansie di diversi sacerdoti e laici della Diocesi di Brescia.
Sono molti i sacerdoti e tantissimi i laici che si stanno chiedendo se la Nunziatura Apostolica segnalando a Papa Francesco il nominativo di Mons. Tremolada come Vescovo di Brescia e di Mons. Delpini come Arcivescovo di Milano abbia pure menzionato il caso di pedofilia di don Galli a Rozzano (Milano) che li vede coinvolti. Il Nunzio apostolico di allora, Mons. Bernardini, è stato sostituito da Mons. Tscherrig (di nazionalità svizzera e non più italiana come era prassi lo fosse) più in sintonia con Papa Bergoglio di quanto lo fosse il predecessore. Papa Francesco conosce bene entrambi: sia l’arcivescovo uscente che l’entrante sono arrivati a Roma dopo la Nunziatura in Argentina. Con Mons. Bernardini i rapporti a Buenos Aires però sono sempre stati tesi. È strano che Mons. Delpini non sia stato inserito nella recente lista dei Cardinali.
Mons. Tremolada ammette chiaramente, per il caso di don Galli, che lui stesso e mons. Delpini hanno sbagliato ma non hanno il dovere di giustificarsi o chiedere scusa, “se qualcuno gli chiederà spiegheranno”. Il Vaticano sapeva e il Santo padre li ha promossi entrambi confermando la loro impunibilità? Potrà un giorno il Santo Padre dire che non era stato adeguatamente informato come per i Vescovi cileni?
Emblematico è infatti quanto dichiarato da Mons. Tremolada in un incontro con i familiari della vittima nel 2015 in presenza anche di don Carlo Mantegazza, ex parroco di Rozzano: “….è vero, lo abbiamo destinato a Legnano in un oratorio, è vero, e di questo SIAMO STATI IMPRUDENTI, lo diremo se ci verrà detto: « MA PERCHE’ LO AVETE FATTO? ».
Che saccenza, che ostentazione di impunità: Tremolada mandato a parlare con i familiari che chiedevano conto del maldestro spostamento quando, viceversa, a loro era stato garantito che don Galli non poteva essere ancora a contatto con i bambini, non ritiene di dover dare spiegazioni. Ora, a Brescia, ha nominato Parroco di Rezzato don Stefano Bertoni assolto in Cassazione per abusi sessuali nei confronti di bambini di un asilo. Ancora aperta è la vicenda dell’ex parroco di Corna di Darfo. Già nel dimenticatoio sono finite le numerose altre vicende di sacerdoti bresciani passate in giudizio fin dai tempi del parroco della cattedrale degli anni 1970.
Papa Francesco ha integrato il codice di diritto canonico che già prevede la possibilità della rimozione dall’ufficio ecclesiastico “per cause gravi”: ciò riguarda anche i Vescovi diocesani, gli Eparchi e coloro che ad essi sono equiparati dal diritto (cfr. can. 193 §1 CIC; can 975 §1 CCEO).
Con il “MOTU PROPRIO” del 4 Giugno 2016 ha precisato che tra le dette “cause gravi” è compresa la negligenza dei Vescovi nell’esercizio del loro ufficio, in particolare relativamente ai casi di abusi sessuali compiuti su minori ed adulti vulnerabili, previsti dal M.P. Sacramentorum Sancitatis Tutela promulgato da San Giovanni Paolo II ed emendato dal predecessore Benedetto XVI.
La Diocesi di Brescia non è certo entusiasta di avere un Vescovo imprudente a condurre una tremolante realtà pastorale.
Sacerdoti e laici impegnati di Brescia 24 luglio 2018
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