Non c’è pace alla Congregazione della Dottrina della Fede dove si moltiplicano le denunce di scandali a carico di preti, vescovi e cardinali
Vescovi dimessi d’autorità per colpe legate a casi di violenze sessuali e di pedofilia nel clero. Ma anche per aver taciuto di fronte alle violenze di narcotrafficanti, di politici corrotti e bande armate. Cardinali costretti a difendersi in tribunale da accuse infamanti per presunti omessi controlli su preti pedofili delle loro diocesi. Come pure porporati coinvolti, direttamente o indirettamente, in operazioni finanziarie illecite e accusati di truffa. Inchieste giudiziarie, processi, sentenze clamorose, condanne.
Non c’è pace alla Congregazione della Dottrina della Fede (l’ex Sant’Uffizio) retta da qualche mese dall’arcivescovo gesuita Luis Francisco Ladaria Ferrer, 74 anni il prossimo 19 aprile. Negli ultimi tempi, il dicastero che sovrintende al giudizio sui grandi peccati del clero, è stato sottoposto ad un super lavoro per il moltiplicarsi di denunce arrivate da ogni parte del mondo su vicende legate a scandali di natura sessuale, finanziaria, compromissioni politiche a carico di preti, vescovi e, persino, cardinali.
E, contrariamente al passato, i provvedimenti fioccano, e abbastanza velocemente, anche in seguito a quella “tolleranza zero” imposta da papa Francesco nei confronti dei prelati che si macchiano di colpe gravissime, a partire dalla pedofilia. Piaga dolorosissima sollevata dal pontefice in tante occasioni, anche nell’ultima udienza concessa alla Pontificia commissione per la tutela dell’infanzia, ai cui membri ha chiesto “più velocità e più decisione nei giudizi, perchè su questi problemi nella Chiesa c’è troppo ritardo e sono in troppi a far finta di niente”.
E per essere ancora più incisivo, il Papa – nel corso della stessa udienza – ha annunciato il “potenziamento” del personale addetto alla Congregazione per la Dottrina della Fede, per istruire più celermente i processi e portarli a conclusione nel più breve tempo possibile.
Non a caso, tra i casi sottoposti dai vescovi italiani all’ex Sant’Uffizio, in pochi mesi ne sono andati a sentenza cinque, ed altre sono in dirittura d’arrivo. Stessa velocità decisionale anche per le denunce arrivate dal resto del mondo.
I provvedimenti
Come dimostra l’ultimo provvedimento emesso tre giorni fa dopo appena qualche mese di inchiesta fatta dal delegato papale, il cardinale Leo Raymond Burke, la condanna e la rimozione dalla guida della diocesi di Agana, nell’isola di Quam del Pacifico, dell’arcivescovo Anthony Sablan Apuron, francescano dell’ordine dei Cappuccini, accusato di abusi sessuali su minori in età giovanile. La sentenza è stata emessa dalla Congregazione per la Dottrina della Fede che ha dichiarato “l’imputato colpevole” e lo ha condannato “alla pena di cessazione dall’ufficio e il divieto di residenza nell’Arcidiocesi di Guam”.
Stessa sorte, ma per motivi politici, per monsignor Alfredo Zecca (69 anni, quindi lontano dai canonici 75 anni, l’età della pensione dei vescovi), rimosso dalla diocesi Tucuman, in Argentina, per non aver difeso la memoria di padre Juan Viroche, il sacerdote ucciso dai narcos nella sua parrocchia a La Florida.
Padre Viroche è stato trovato lo scorso 5 ottobre impiccato nella sua chiesa, con sul corpo segni di percosse e ai piedi panche divelte e una statua del Crocifisso distrutta in seguito ad una colluttazione. Il sacerdote aveva denunciato i politici del posto di essere “compromessi” con i narcotrafficanti. Ma monsignor Zecca non lo ha assecondato, evidentemente per non mettersi contro le istituzioni locali.
Non spira una buona aria nemmeno per il vescovo cileno Juan Barros, accusato di aver coperto gli abusi sessuali del suo direttore spirituale, il sacerdote Fernando Karadima. Sulla vicenda il mese scorso ha indagato su incarico papale, l’arcivescovo Charles Scicluna, ex promotore di giustizia (sorta di pubblico ministero) dell’ex Sant’Uffizio dove ora è presidente della speciale Commissione per l’esame dei Delicta Riservata.
Scicluna ha sentito le vittime ed i testimoni – allargando la sua inchiesta anche a presunti casi denunciati negli istituti cileni dei Fratelli Maristi -, ed ora la sua relazione è al vaglio della Congregazione.
Ma nemmeno il Sacro Collegio cardinalizio si salva dalle “attenzioni” della Congregazione della Dottrina della Fede, con due notissimi cardinali costretti a difendersi da accuse piuttosto scomode, George Pell e Oscar Maradiaga. Il cardinale Pell, il super ministro dell’Economia, è in Australia su “permesso” del papa per difendersi in tribunale da chi lo accusa di presunto mancato controllo sui preti pedofili della sua ex diocesi. I giudici australiani nei prossimi giorni decideranno se inviarlo a giudizio sulla base delle deposizioni fatte dai testimoni. Pell comunque si è sempre dichiarato innocente.
Un altro cardinale che non sta attraversando un buon momento è Oscar Maradiaga, dell’Honduras, accusato da una famiglia di suoi ex amici di “truffa” per aver fatto da intermediario per un investimento in un fondo londinese andato poi in fumo. Anche in questo caso il cardinale si dice “estraneo ai fatti”, ma – secondo quanto rivelato dal settimanale Espresso – in Vaticano già da tempo è stata presentata la denuncia delle persone che dicono di essere state truffate, la famiglia di un ex diplomatico dell’Honduras accreditato presso la Santa Sede. “E per noi si profilano altri straordinari”, lamentano giudici e funzionari ecclesiastici dell’ex Sant’Uffizio.
https://www.panorama.it/news/cronaca/vaticano-e-boom-di-processi/
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