Leonardo Orlando – Barcellona – La Terza Sezione della Corte di Cassazione ha annullato – con rinvio degli atti alla Corte d’appello di Reggio Calabria – la sentenza di assoluzione che era stata decisa il 18 marzo dello scorso anno in Corte d’Appello, per don Nunzio Abbriano, il prete di Milazzo di 49 anni, già parroco di San Marco ed ex presidente della Fondazione Lucifero, accusato di abusi sessuali che sarebbero stati compiuti durante la preparazione alla Settimana Santa del 2011 ai danni di una giovane parrocchiana che all’epoca dei fatti aveva poco più 17 anni. Per il reverendo che fino a poche settimane fa ha retto le sorti della parrocchia di Sant’Antonio Abate di Barcellona, i giudici della Suprema Corte hanno stabilito che si dovrà celebrare un nuovo processo dinanzi ai giudici della Corte d’Appello di Reggio Calabria. Nel processo di primo grado celebrato il 21 luglio 2014 dinanzi al Tribunale di Barcellona il prete aveva avuto inflitti 2 anni e 6 mesi di reclusione, perché riconosciuto colpevole – per un fatto definito di lieve entità – di un solo episodio dei due contestati in origine. Successivamente in appello per il reverendo che è stato per mesi agli arresti domciliari era stata decisa l’assoluzione con la formula perché “il fatto non costituisce reato”.
La Procura generale, su sollecitazione del difensore di parte civile avv. Franco Bertolone che è intervenuto nella fase successiva alla sentenza di secondo grado, ha presentato ricorso in Cassazione. Ricorso che adesso, anche su argomentazioni dell’avv. Franco Bertolone, è stato accolto con l’annullamento della sentenza di assoluzione e rinvio degli atti a Reggio Calabria per la fissazione e la celebrazione di un nuovo processo d’Appello.
All’ex parroco di San Marco, difeso dagli avv. Tommaso Calderone e Giorgio Leotti, si contestavano infatti ben due diversi episodi di abusi sessuali. Il primo, quello per il quale l’imputato era stato riconosciuto colpevole e che successivamente aveva comportato una assoluzione in Appello, sarebbe avvenuto la sera del 14 aprile del 2011 sul sagrato della chiesa di San Marco ai danni della giovane parrocchiana che sarebbe stata più volte palpeggiata nelle parti intime. L’assoluzione – perché il fatto non costituisce reato – era già stata decisa in primo grado, invece, per un secondo episodio denunciato dalla vittima. Episodio che sarebbe avvenuto il giorno successivo al primo fatto, nel pomeriggio del 15 aprile 2011. Quest’ultimo fatto per il quale l’imputato era stato assolto già in primo grado fu alla base delle ragioni che successivamente causarono l’arresto e la detenzione domiciliare del parroco per ben cinque mesi. Infatti l’episodio per il quale il prete era stato assolto in primo grado con la formula “perché il fatto non costituisce reato” all’epoca fu anche documentato dalla vittima che si era dotata di registratore audio per dimostrare che il prete provava a “sedurla” contro la sua volontà.
Fonte: da Gazzetta del Sud
http://www.stampalibera.it/2017/12/02/65748/
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