Il prefetto del Sant’Uffizio, cardinale Gerhard Ludwig Müller, replica alle accuse di Marie Collins: sono pronto a incontrarla.
CITTÀ DEL VATICANO «Non posso capire che si parli di mancanza di collaborazione». Il cardinale Gerhard Ludwig Müller, teologo, curatore dell’opera omnia di Ratzinger, è dal 2012 prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede. È la prima volta che parla da quando Marie Collins, vittima di un prete pedofilo quando aveva 13 anni, si è dimessa dalla Pontificia commissione per la protezione dei minori denunciando «una mancanza di collaborazione vergognosa» della Curia e in particolare della sua Congregazione. È qui, nel palazzo dell’ex Sant’Uffizio, che vengono processati i sacerdoti accusati di pedofilia. Il cardinale è un uomo imponente, dal tono asciutto.
Eminenza, ha avuto occasione di parlare con Marie Collins prima delle dimissioni? «Non ho avuto mai prima l’occasione di incontrarla. Ma naturalmente sono pronto, nulla lo impedisce».
Ci sono state resistenze in Curia e nel suo dicastero? «Penso si dovrebbe mettere fine a questo cliché, l’idea che ci sia da un lato il Papa che vuole la riforma e dall’altro un gruppo di resistenti che vorrebbero bloccarla. Fa parte della nostra fede cattolica e dell’ethos del lavoro della Curia romana di sostenere la missione universale del Papa, a lui affidata da Gesù Cristo».
E allora che è successo? «Il compito della Commissione è molto diverso da quello della Congregazione. Quest’ultima fa i processi canonici ai chierici accusati dei delitti più gravi. Lo scopo è differente ma la Congregazione ha collaborato alla costituzione della Commissione. Uno dei nostri collaboratori ne fa parte. Posso affermare che in questi ultimi anni c’è stato un contatto permanente. E il cardinale O’Malley, che presiede la Commissione, è stato di recente nominato dal Santo Padre membro della Congregazione: sempre allo scopo di realizzare le misure più efficaci per la tutela dei minori nella Chiesa».
Collins ha citato due episodi: un «cambiamento di procedura» nella cura delle vittime e una «richiesta di collaborazione», entrambi «rifiutati» dall’ex Sant’Uffizio. Le risulta? «Non so di questi presunti episodi. La Commissione ha solo inoltrato una richiesta formale chiedendoci di scrivere lettere alle vittime per mostrare la vicinanza della Chiesa alla loro sofferenza. Ma quest’atto della cura pastorale è un compito dei vescovi nelle loro chiese particolari e dei superiori generali degli istituti religiosi, che sono più vicini. Se c’e una decisione del Papa o la consegna di un compito specifico, non ci sono resistenze. La Congregazione ha il compito di fare un processo canonico. Il contatto personale con le vittime è bene sia svolto dai pastori del luogo. E quando arriva una lettera, chiediamo sempre al vescovo che sia lui ad avere cura pastorale della vittima, chiarendole che la Congregazione farà tutto il possibile per fare giustizia. È un malinteso che questo dicastero, a Roma, possa occuparsi di tutte le diocesi e ordini religiosi nel mondo. Non si rispetterebbe il principio legittimo dell’autonomia delle diocesi e della sussidiarietà».
E la prevenzione? «Gli ufficiali della Congregazione possono dare consigli alle conferenze episcopali nazionali sulle linee guida per applicare la legislazione penale e sulle proposte pastorali per proteggere i minori. La prevenzione è molto importante. Le lamentele si fondano su un malinteso riguardo al nostro vero compito: la Congregazione agisce come Tribunale apostolico supremo in materia. Tutti i nostri collaboratori soffrono umanamente con le vittime degli abusi. Il nostro compito è fare tutto il possibile per fare giustizia ed evitare ulteriori delitti».
Il «tribunale dei vescovi», annunciato nel 2015 presso la Congregazione, ha iniziato a lavorare? «Si è trattato di un progetto, ma dopo un dialogo intenso fra vari Dicasteri coinvolti nella lotta contro la pedofilia nel clero si è concluso che per affrontare eventuali negligenze delittuose dei vescovi abbiamo già la competenza del Dicastero per i Vescovi, gli strumenti e i mezzi giuridici. Inoltre il Santo Padre può sempre affidare un caso speciale alla Congregazione».
Padre Zollner ha parlato al «Corriere» di «resistenze passive»: «nella società come nella Chiesa per anni non si è parlato di abusi» e si tratta di «un cambiamento di cultura, un lavoro a lungo termine». «Padre Zollner è un grande esperto e segnala una grande ferita nella società. Gli ultimi tre Papi, insieme all’episcopato mondiale, hanno affrontato il problema nella Chiesa, ma sappiamo che è un problema della società intera in un mondo globalizzato, per le famiglie e le professioni che hanno a che vedere con i bambini. Penso non si possa risolvere o migliorare la situazione solo con la minaccia di pene, sia civili sia canoniche. Abbiamo bisogno di un cambiamento totale: dall’egoismo nel campo della sessualità al pieno rispetto della persona. Con la Commissione, Francesco ha voluto offrire un servizio esemplare, un aiuto alla Chiesa e tutta la società nel mondo. Possiamo sperare che altre organizzazioni educative seguano la Chiesa in questa lotta, nella quale è all’avanguardia. La pedofilia è un crimine mostruoso e anche un peccato grave. Ricordiamo le parole di Gesù ai bambini e la sua condanna a quelli che fanno loro del male».
http://roma.corriere.it/notizie/cronaca/17_marzo_04/curia-contro-papa-cliche-pedofilia-chiesa-compatta-be8a0456-012c-11e7-b3e3-afa0190eaef5.shtml#
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