<h2 style="text-align: justify;" data-bind="text: articleSubtitle">Scandalo abusi, al vaglio dei pm oltre cento pagine di esposto</h2> <p style="text-align: justify;" data-bind="text: $data">«Sugli abusi all’Istituto per sordomuti Provolo, troppi silenzi e mancate denunce».E poi «documenti contraffatti». Oltre a un video «con la testimonianza di 17 vittime e un elenco di nomi dei responsabili tra cui il veronese don Nicola Corradi», arrestato a fine 2016 in Argentina dov’è ora a domiciliari (in virtù dei suoi 82 anni) per pedofilia.</p> <p style="text-align: justify;" data-bind="text: $data">C’è tutto questo nelle oltre cento pagine di esposto (allegati compresi) con cui la onlus «Rete l’Abuso» ha appena fatto ripartire le indagini a Verona sullo scandalo archiviato nel 2009 dai pm scaligeri per «l’intervenuta prescrizione dei fatti contestati».</p> <p style="text-align: justify;" data-bind="text: $data">Otto anni fa, c’era al vaglio l’ipotesi di violenze ai danni degli allievi e si trattava di presunti abusi che le stesse vittime facevano risalire a numerosi anni prima. Adesso invece l’associazione presieduta da Francesco Zanardi chiama in causa la procura di Verona su «fatti datati dal 2009 in poi e ancora perseguibili dai magistrati». Nel faldone fatto pervenire dalla onlus ai pm scaligeri, tutto ruota attorno al recente arresto di don Nicola, già implicato nelle sospette violenze al Provolo di Verona e successivamente trasferito «per ragioni di opportunità dai vertici ecclesiastici» in altre due sedi dell’Istituto sudamericane, La Plata e Mendoza, dove è finito in cella per i presunti abusi sessuali denunciato da oltre una ventina di allievi locali. Di qui, da parte della Rete, la contestazione nell’esposto di «anni di silenzi e mancate denunce» perché, si sostiene nell’esposto, «sarebbe stato compito dei vertici dell’Istituto Provolo di Verona attuare tutte le iniziative necessarie ad impedire che questi potesse abusare di altri minori».</p> <p style="text-align: justify;" data-bind="text: $data">In particolare, l’associazione fa riferimento al secondo comma dell’articolo 40 del codice penale secondo cui «non impedire un evento, che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo». Un principio, questo, che «emerge anche dall’ordinanza del gip Fiorenza Giorgi del Tribunale di Savona dell’8 maggio 2012... dove si ravvisavano responsabilità omissive qualora chi detiene la responsabilità giuridica di un religioso fosse a conoscenza dei fatti delittuosi e non sia intervenuto per impedire che questo continuasse a reiterarli».</p> <p style="text-align: justify;" data-bind="text: $data">Oltre alle ipotizzate omissioni, che a parere delle vittime «se non fossero avvenute avrebbero impedito che don Figura chiave Il veronese don Nicola Corradi, arrestato a fine 2016 in Argentina dov’è ora a domiciliari (in virtù dei suoi 82 anni) per pedofilia in due sedi argentine del Provolo Corradi reiterasse gli abusi anche in Sudamerica», le nuove indagini a Verona sono chiamate a far luce anche sulla presunta contraffazione documentale denunciata da un ex allievo della sede scaligera, Gianni Bisoli. Quest’ultimo, che si riserva a sua volta di presentare all’ex Mastino un’ulteriore denuncia, contesta la «presunta falsificazione dei documenti agli atti della Commissione Vaticana, accusa comprovata dal ritrovamento di una mia vecchia pagella».</p> <p style="text-align: justify;" data-bind="text: $data">Un caso diventato internazionale, visto che il senatore Julio Jobos, presidente della Commissione Esteri di Buenos Aires, «ha sollecitato chiarimenti dal ministero per sapere in quali circostanze è arrivato dall’Italia don Corradi nonostante il suo passato». Interrogativo a cui, ora, le vittime attendono risposte anche dai pm di Verona. (nella foto)</p> <p style="text-align: justify;" data-bind="text: $data">Il Corriere di Verona del 13-01-2017</p>