Diego Dalla Palma da qualche anno ha preso coraggio e ha raccontato pubblicamente la sua storia di ragazzino abusato da un prete del collegio in cui viveva e studiava. «Spero che le proporzioni che posso fare io non siano uno specchio del fenomeno. Da me, su 19 preti, 11 venivano di notte nelle camere a farci i servizi. E sceglievano i più piccoli. I grandi sapevano, tutti sapevano». Ma nessuno parlava. «No, non ho parlato nemmeno io, anche se un mio compagno di scuola si è ucciso, sfinito dalle emorragie e dalla vergogna che quegli abusi gli procuravano. Non posso parlare dell’omertà degli altri senza parlare della mia, io ho rimosso, cercato di dimenticare. Che i ragazzini non parlino è normale: chi crederebbe mai che un prete possa fare certe cose? Se io l’avessi detto a mia madre lei non mi avrebbe creduto, e allora non dici niente. Più grave è invece tacere da grandi, più grave è il silenzio degli altri adulti che sanno e lasciano che le cose succedano».
Lui il coraggio di dire l’ha trovato quarant’anni dopo, e insieme gli è venuto anche quello di perdonare. «Penso che 1’80 per cento dei preti siano omosessuali. Probabilmente sentono qualcosa di diverso dentro di loro e sposano la Chiesa per darsi una disciplina, con l’idea di fare qualcosa di buono, per sfuggire con il voto di castità a qualcosa che non sanno comprendere. Naturalmente non funziona. La pedofilia è una cosa che non c’entra niente con l’omosessualità, e io non me la so spiegare. Ho avuto un amico che ho scoperto essere pedofilo, lo ricordo in una piscina termale in Marocco, giocava con un ragazzino. lo e altri lo fissavamo increduli, dopo piangeva lacrime lunghe fino al collo. È una malattia psichiatrica, perché così diffusa tra i preti non lo so. Forse quei corpi lisci fanno sentire il gesto meno impuro, il desiderio per una persona del tuo stesso sesso meno sbagliato».
Da quando ha raccontato la sua storia Dalla Palma, ogni volta che presenta un libro o va in televisione, riceve moltissime lettere. «Le più strazianti sono state quelle di un prete che mi parlava delle sue pulsioni. E quella di un ragazzo con un handicap: mi ha lasciato un bigliettino alla fine di un incontro pubblico, mi raccontava di un abuso. L’ho cercato poi, ma nessuno pareva saperne niente. C’è tanta omertà, tanta connivenza. I preti tacciono e, tacendo, non danno valore alla loro stessa vita. Chi tace non si vuole bene».
http://www.vanityfair.it/news/italia/14/10/03/vittime-pedofilia-preti
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