Il sacerdote: “Finalmente scagionato. Ma il pm Ferro lo indaga per aver calunniato il suo grande accusatore.
NEL GIORNO IN CUI LA CHIESA SAVONESE PROCLAMA L’INNOCENZA DEL PRETE, CARTE SCOTTANTI DALLA PROCURA.
SAVONA. Don Giuseppe Pinetto, attuale parroco di San Michele a Celle, è indagato per calunnia nei confronti di Sandro P., 51 anni, nel 1974 seminarista a Savona Il sostituto procuratore della Repubblica Giovanni Battista Ferro dopo quasi un anno di indagini ha chiuso l’inchiesta inviando al prete e al suo legale (Marco Altamura) l’avviso di conclusione delle indagini e chiedendo al gip il rinvio a giudizio.
L’accusa è circostanziata. Don Pinetto è accusato di aver ingiustamente denunciato per diffamazione a mezzo stampa Sandro P: «pur sapendolo innocente visto che dalle indagini compiute sono risultate fon-date le accusa di abusi sessuali su minore perpetrate agli inizi degli anni’ settanta in seminario» ..
Abusi sessuali su almeno quattro dodicenni (uno solo di fronte al pm e agli agenti della squadra mobile ha negato) per i quali il prelato è stato iscritto nel registro degli indagati ed ha già incassato la pronuncia del giudice delle indagini preliminari Fiorenza Giorgi di non doversi procedere per prescrizione del reato.
Restano invece ancora aperti i fascicoli nei confronti di Francesco Zanardi e di Silvia Campese che avevano raccolto la drammatica intervista di Sandra P. sulle terribili esperienze vissute nel 1974 all’interno del seminario vescovile, e denunciati da don Pinetto. Vicende che la difesa ha cercato di smontare con una serie di attività investigative che alla luce dei risultati della magistratura non sembra aver dato i frutti sperati.
Il quadro giudiziario che risulta dagli atti appare infatti totalmente opposto ai toni espressi nel comuni-cato diramato ieri mattina dall’ufficio stampa della Diocesi per il quale «a seguito delle note vicende riguardanti le accuse a don Pinetto, sono state condotte indagini sia da parte della difesa sia dalla magistratura a seguito delle quali non hanno trovato riscontro i fatti denunciati”. E proprio di fronte a queste conclusio¬ni “il vescovo Vittorio Lupi ritiene opportuno portare a conoscenza della comunità diocesana e della cittadinanza questa notizia che, di fatto, pone fine alla vicenda e restituisce la dignità a un sacerdote».
Sandro P., ma anche altri due compagni di seminario dell’ epoca, infatti avrebbe ribadito davanti al giudice i toccamenti nelle parti intime («Ma io gli insegnavo a lavarsi» si sarebbe giustificato il prete) subiti dall’ ex direttore spirituale del Seminario per i quali nella remissione di querela don Pinetto ammette possa essere stato frainteso, senza scusarsi però.
Una scelta concordata tra accusa e difesa per un tentativo di ammorbidire i toni della vicenda e con il lavoro
di convincimento nei confronti della vittima a chiudere la storia dopo 38 anni accogliendo la remissione.
Ma è proprio da quella querela che nasce la necessità della procura di andare a fondo sugli articoli di giornale e sulle quelle accuse che a molti sono parse invenzioni. Una posizione,che si è trasformata in un autentico boomerang per don Pinetto, per il quale la curia aveva preannunciato il processo canonico «per cui il reato non viene estinto dal tempo come accade per la giustizia italiana».
Invece il lavoro della squadra mobile ha portato a ben altri risultati. E così sono iniziate le deposizioni delle vittime, la ricerca di conferme, di prove. E’ comparsa una lettera scritta nel 1974 alla madre in cui Sandro P. segnalava quegli atteggiamenti notturni a cui lui non voleva più sottostare. Una missiva rimasta fino a pochi mesi fa chiusa in un cassetto della casa della donna, in un paesino della Sardegna, dove il sostituto procuratore Ferro si è recato la scorsa estate insieme ad un agente della polizia giudiziaria per raccoglierne la testimonianza. Parole ed accuse nei confronti di quello che avrebbe dovuto essere il suo educatore e che hanno fruttato botte, tante botte all’ ex seminarista da parte del padre «che pensava non fossero vere». Una vicenda che ha quindi segnato profondamente la famiglia e in particolare la madre che ha raccontato con estrema dignità quei terribili anni al pm Ferro: «Sandro doveva essere ascoltato, invece nessuno gli ha creduto. Mio marito in primis, ma noi pensavamo che il seminario fosse un posto sicuro. Aveva fatto quella scelta per studiare ed invece il suo sogno gli è stato rubato» sono state in sostanza le parole pronunciate dalla donna.
Ma se Sandro P. non è stato creduto dai genitori, la stessa sorte ha avuto la missione dell’intera famiglia dal . vescovo di allora, Franco Sibilla, appena insediato e che non ha adottato alcun provvedimento nei confronti di quel prelato accusato di abusi sessuali su un dodicenne. Fatti del quale sarebbe stato a conoscenza anche un altro prete Eugenio I. che contattato dalla madre di Sandro, avrebbe sostenuto che «sono cose che possono accadere».
«Ma la nostra vita è stata rovinata» ha ammesso la mamma dell’ex seminarista agli inquirenti.
G. Ciolina IL SECOLO XIX
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