<p style="text-align: justify;">Il confronto fa una certa impressione. Mette in risalto la distanza. Mentre in questi giorni sono state accolte in Vaticano le tre vittime cilene invitate a Santa Marta dal pontefice per fare affiorare dal loro cuore tutto il dolore, la vergogna e l'emarginazione che in questi anni hanno dovuto subire, aiutandole nell'ascolto e soprattutto chiedendo loro scusa per il silenzio colpevole di tanti cardinali e vescovi che in Cile hanno taciuto o insabbiato casi di violenze da parte di un noto prete pedofilo, padre Karadima, a Napoli il cardinale Crescenzio Sepe - alle prese da anni con la vicenda terribile del parroco di Ponticelli finora si è limitato a un appello piuttosto generico. «Chi sa parli». Eppure si tratta di un caso che è stato riaperto dal Vaticano dopo che a Napoli si era steso sopra un velo.</p> <p style="text-align: justify;">Il cardinale ieri ha spiegato che le procedure relative all'indagine previa non hanno portato alla luce nuove vittime, che è stato riascoltato il sacerdote accusato ma che alla Cancelleria della diocesi non è giunta nessuna altra denuncia oltre a quella fatta anni addietro da Diego Esposito, il nome è di fantasia, il primo accusatore di don Silverio Mura. A febbraio Il Mattino aveva realizzato un'intervista raccogliendo la testimonianza di una seconda vittima, un altro ex bambino che negli anni Novanta abitava a Ponticelli. Aveva raccontato nei particolari l'incubo che aveva dovuto subire a causa di quel parroco che nel quartiere tutti rispettavano molto. L'identità della seconda vittima la avevamo indicata con due iniziali - G.S. - un altro nome di fantasia, utilizzato per il suo timore di uscire allo scoperto con la vera identità. A essere precisi più che il timore sembrava la paura a frenarlo. Quell'intervista era arrivata sul tavolo di Papa Francesco che allibito aveva disposto che la Congregazione per la Dottrina della Fede agisse di conseguenza. <span class="end_preview"> </span> G.S. ora è un uomo grande e felicemente sposato, con un buon lavoro, ma sta molto attento a non creare contraccolpi alla sua vita o a quella dei suoi figli che sono ancora piccoli. Ha ben presente il calvario che ha dovuto subire Diego Esposito negli anni passati a causa della denuncia fatta in curia, quando ebbe il coraggio, dopo anni di analisi e di disturbi, di andare a bussare alla sede del vicariato e denunciare il passato e le violenze.</p> <p style="text-align: justify;">Voleva avere giustizia, accoglienza, ascolto ma si è trovato di fronte a un percorso quasi ostile, non proprio ospitale. Anzi, all'inizio faticavano a credergli e così dovette pure sopportare l'umiliante posizione di chi vuole creare inutilmente scandalo. Successivamente la curia diffuse un comunicato dando conto dei passi fatti, pubblicando il nome e il cognome reali dell'abusato. Un passaggio che non fu indolore per Diego che, come effetto collaterale indesiderato, gli causò la perdita del lavoro: all'epoca faceva la guardia giurata. La sfortunata storia di Diego è ben nota alle vittime di Ponticelli e così nessuno sembra stupirsi più di tanto se nella sede della curia nessuno si è ancora fatto vivo. Non lo farà G.S. che però potrebbe, invece, farlo in sede civile, nel tribunale di Napoli, in autunno, quando inizierà il processo.</p> <p style="text-align: justify;">L'associazione che difende le vittime e ha seguito i casi Rete l'Abuso recentemente ha rintracciato don Silverio Mura in un paesino in provincia di Pavia, Montù Beccaria. Era stato rimosso dal cardinale Sepe e destinato in una struttura sconosciuta.</p> <p style="text-align: justify;">Don Mura sembra sia stato spostato a seguito di una comunicazione tra la parrocchia e la curia napoletana, interlocutore un religioso originario del pavese, appartenente alla congregazione dei Missionari della Divina Redenzione. La storia di don Silverio diventa di dominio pubblico nel 2012 quando la sua prima vittima, Diego Esposito, stanco delle denunce alla diocesi rimaste inascoltate, ormai disperato ed in cerca di risposte si rivolge alla Rete l'Abuso. Indirizzando anche una lettera accorata a Papa Francesco per chiedere chiarimenti sulla vicenda-scandalo di Ponticelli. In questi giorni che Papa Francesco è impegnato a cambiare il segno della storia della vittime cilene, sorge la domanda se ora non riceverà le vittime italiane.</p> <p style="text-align: justify;">https://www.ilmattino.it/napoli/cronaca/napoli_scandalo_preti_pedofili_processo_civile-3700051.html#</p>