di Francesca Lagatta
Quella di Diego Esposito, nome di fantasia ma ormai noto alle cronache, è una di quelle in cui si fa fatica a distinguere la realtà della fantasia e ancor di più a capire come la prima possa superare di gran lunga la più perverse delle immaginazioni. Ma tant’è. Diego è un uomo di 40 anni che dopo aver trovato il coraggio di denunciare abusi sessuali subiti durane l’adolescenza da don Silverio Mura, allora sacerdote nel quartiere Ponticelli di Napoli, deve fare i conti con l’ostilità della gente, la burocrazia, le leggi e, male peggiore, il potere incontrastato del clero. La prima denuncia di Diego, corredata da prove e una fitta documentazione medica, risale a 6 anni fa, ma Mura ha continuato ad insegnare prima a Pollena Trocchia (Na), poi, fino al giugno 2014, nell’istituto Matilde Serao di Volla (Na) protetto dalla Chiesa e dalla scuola che, con tutta probabilità, lo ha inserito sul sito del Ministero dell’Istruzione nell’area riservata. Il preside, interpellato nei giorni scorsi, si è rifiutato di rispondere alle domande, anche solo a quella con cui si chiedeva di sapere se la notizia fosse vera. Il suo silenzio è comunque stato smentito dalle testimonianze di centinaia di studenti.
Un dramma nel dramma, anche perché quando il reato viene denunciato è già in prescrizione e Silverio Mura non può essere processato. Ma anche quando Diego prova a rendere nota la notizia per mettere in guardia altre famiglie, non va meglio, alcuni giornalisti glissano e inventano scuse per non pubblicare. Peggio ancora fa la Curia di Napoli, che, incaricata nel febbraio 2014 da Papa Francesco di indagare sulle accuse rivolte da Diego a don Silverio Mura, fa scena muta e inoltra una mail alla Procura quando la vittima minaccia il suicidio in mancanza di risvolti. Diego, che è una guardia giurata, perde il lavoro. Temono per la sua salute, gli dicono. Peccato che quando 16 giorni fa comincia lo sciopero della fame che gli fa perdere 6 kg in 12 giorni, della sua salute non importa niente a nessuno. Eppure l’associazione Rete L’Abuso onlus, guidata da Francesco Zanardi, aveva informato ogni figura ecclesiastica della Curia di Napoli e le più alte cariche del Vaticano. Risposte zero.
A rompere il silenzio sono una serie di concause fortuite. In primis è il coraggio di Ferruccio Sansa, giornalista de Il Fatto Quotidiano, che sul quotidiano diretto da Travaglio pubblica per primo, cinque giorni fa, le presunte magagne della Curia di Cardinal Sepe e il goffo tentativo di comprare il silenzio della vittima, circa cinque anni fa, con una busta bianca contenente 250 euro. Nel giro di poche ore la notizia circola su tutti i siti di informazione. Nel frattempo l’avvocato di Diego, Sergio Cavaliere, aveva nuovamente spedito una lettera al Papa, mentre il giornalista Antonio Crispino, collaboratore de Il Corriere della Sera, nelle ore precedenti aveva dato vita a un’inchiesta meticolosa. Ma capitan Zanardi, macchina da guerra contro la pedofilia clericale, dà continue direttive e non lascia nulla di intentato, così manda anche il suo ufficio stampa direttamente negli locali della Curia. Pur conoscendo rischi e difficoltà. Infatti, se nella mattina di giovedì scorso l’ufficio stampa della Curia risponde a monosillabi a domande e a illazioni, il giorno seguente manda due ispettori capo della polizia sul posto, probabilmente per fermare la giornalista intenzionata a rivolgere domande a Vescovi e Cardinali. Il “blitz” non riesce, e i due uomini dello Stato nemmeno provano a ledere il diritto di cronaca a chi sta facendo il proprio lavoro. Contrariamente, per assicurare il regolare svolgimento dell’attività giornalistica, si offrono di presenziare all’udienza con Padre Luigi Ortagli, vicario giudiziale aggiunto del tribunale ecclesiastico regionale campano, che due anni fa aveva preso in carico l’indagine ordinata da Bergoglio per appurare la verità sul caso ma che per tutto questo tempo non aveva dato alcuna informazione in merito.
L’aria che si respira nell’ufficio è pesante, il volto di Padre Ortagli è tirato e le risposte risicate. Per ottenere l’autorizzazione a parlare, si è necessariamente informato il Vaticano su ciò che stava accadendo e per l’istituzione religiosa mondiale, che tra qualche settimana dovrà rendere conto all’Onu sul trattamento dei casi di pedofilia in ambito ecclesiastico, non deve essere stata proprio una buona notizia. In effetti, qualche ora più tardi, l’avvocato Sergio Cavaliere informa l’ufficio stampa di Rete L’Abuso di aver ricevuto una telefonata di Angelo Maria Becciu, l’entusiasmo è più cauto. Rispetto a due anni fa, quando Papa Francesco ordinò l’avvio delle indagini, in effetti non è cambiato nulla. Stesso copione. Nessuno ha comunicato date precise o rivelato ulteriori dettagli per un processo che, se ci fosse la volontà, potrebbe essere messo in piedi in 48 ore. Così l’opinione pubblica si è letteralmente spaccata in due: i più cinici sono convinti che sia stata una mossa per sottacere lo scandalo, i più ottimisti credono fortemente che il Santo Padre non deluderà le aspettative di coloro che credono nella rivoluzione del Papa buono. Per sapere chi ha ragione basterà attendere le prossime settimane, ma intanto ecco una rara intervista video rilasciata da Diego Esposito poche ore dopo la telefonata giunta dal Vaticano, nella quale rivolge appelli rivolti ad altre vittime di pedofilia e ai pedofili stessi, per i quali non spende parole di rabbia, ma di speranza: «Non rovinate le vite dei bambini, curatevi nei centri specializzati».
http://laspiapress.com/diego-esposito-ai-pedofili-curatevi-siete-malati/
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