Se sei un sacerdote e ami qualcuno, peggio ancora se è del tuo stesso sesso, il Vaticano ti costringe a lasciare ogni incarico. Esattamente quello che è appena successo a monsignor Krzysztof Charamsa, “reo confesso” di amare il proprio compagno. Ma se sei un prete accusato di aver abusato di un minore, tanto da aver scontato 4 anni di sospensione ordinati dall’ex Santo Uffizio, ma non dalla magistratura, allora hai diritto a continuare la scalata nel clero e a rifarti la verginità della coscienza Questo, invece, è quello che è successo poche settimane addietro a Francesco Rutigliano, dopo aver scontato la sua “pena”.
Ordinato sacerdote a 32 anni, don Francesco, pugliese di nascita, approda nel Reggino come parroco nelle parrocchie di Bivongi e Pazzano, facenti capo alla diocesi Locri-Gerace. E qui, nel 2006, ovvero nel suo primo anno di sacerdozio, risulterebbero già i suoi primi approcci con un adolescente, anche se alcune testimonianze farebbero risalire degli episodi già durante il periodo del cammino spirituale che lo ha portato a diventare un uomo di Dio. Il decreto con cui il Santo Uffizio lo si inibisce nella sua funzione ecclesiastica, però, si riferisce unicamente a reati commessi nel periodo fra il 2006 e il 2008 e porta la data del 20 giugno 2011.
Come due anni fa, quando insieme al sindaco di Bivongi fu ospite dell’ambasciatore di Spagna in occasione della Cerimonia dell’Omaggio floreale alla Sacra Effige dell’Immacolata, in piazza di Spagna a Roma. O come nel febbraio del 2014, quando presenziò al concistoro dei Vescovi indetto da Papa Francesco in piazza San Pietro. Il tutto con grande indifferenza di certa stampa che, al contrario, ne loda le gesta.
Francesca Lagatta
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