<strong>In 12 chiedono i danni per gli abusi di Giraudo e Barbacini.</strong> <p style="text-align: justify;">Silvia Campese Il Secolo XIX- Le vittime di Don Nello Giraudo, Don Giorgio Barbacini e del sacrestano laico Franco Briano si costituiscono parte civile nei confronti della diocesi di Savona Noli. L’ha annunciato ieri la rete nazionale “L’abuso” che, entro una ventina di giorni, depositerà il procedimento alla Procura di Savona, grazie all’assistenza legale di un pool di avvocati genovesi che ha avviato le procedure. Una svolta significativa che sposta la disputa dalla sede penale, dove le vicende dei tre protagonisti sono già state affrontate vedendo per alcuni casi sopraggiungere la prescrizione, passando invece sul piano civile e, quindi, aprendo alle vittime di pedofilia una nuova via: quella del risarcimento. E, se gli esiti processuali dessero ragione ai ricorrenti, a versare i risarcimenti, in questo caso, sarebbe proprio la Diocesi facendo riferimento al secondo comma dell’articolo 40 del Codice Penale, secondo cui “non impedire un evento, che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo”. Meglio detta: la Diocesi avrebbe dovuto vigilare sull’operato di chi agiva nell’ambito delle mansioni ricevute all’interno delle parrocchie e delle strutture istituite dalla Diocesi stesse.</p> <p style="text-align: justify;">Se a qualcuno il procedimento sembrasse fantascienza, dalla giurisprudenza arriva il conforto: una sentenza del Tribunale di Bolzano, datata 21 agosto 2013, ha sancito, nell’ambito del processo civile, la responsabilità solidale della Diocesi e della Parrocchia per le azioni criminose compiute da un prete a danno di un minore che ha ricevuto un risarcimento di 500 mila euro e 100 mila a ciascun genitore. Una cifra importante che, se paragonabile al numero delle vittime savonesi, equivarrebbe a un risarcimento enorme che metterebbe in ginocchio la Diocesi. «La sentenza di Bolzano – dice Francesco Zanardi, portavoce della Rete – ci dà ampie speranze anche perché si avvicina molto a un’altra sentenza storica emessa dal Tribunale di Savona: il giudice Giorgi, l’8 maggio del 2012, ha ravvisato le responsabilità di un vescovo savonese, Dante Lafranconi, che ha fatto nulla per impedire che potessero essere perpetrati gli abusi sui minori. Una sentenza che sembra fornire già una risposta al procedimento di costituzione di parte civile».</p> <p style="text-align: justify;">Il lavoro da fare adesso, secondo la Rete, dovrà essere estremamente rapido per raccogliere, entro una quindicina di giorni, i nomi, con le rispettive prove, delle vittime non censite nei procedimenti penali svolti (info <a href="mailto:legale@retelabuso.org">legale@retelabuso.org</a>). «Gli avvocati – dice Zanardi – hanno deciso di partire in contemporanea con tre procedimenti distinti, anche se quello più completo e che potrà procedere in modo più spedito è quello di Giraudo». Da definire il numero delle vittime. «Ad oggi – dice – le vittime che si sono costituite parte civile e di cui possediamo la documentazione completa che definisce la veridicità dei fatti, sono dodici. Sono, però, ancora una cinquantina i ragazzi che, in tempi non sospetti, avevano contattato la Rete per raccontare il proprio dramma personale. Per questo facciamo un appello alle vittime di Giraudo, ma anche di don Barbacini e di Briano: contattateci entro breve fornendo certificati medici e i materiali documentari che gli avvocati hanno specificamente indicato». I numeri, purtroppo, sono destinati a crescere visto il perpetrarsi negli anni delle violenze compiute sui minori in ambito parrocchiale. «Gli avvocati – conclude Zanardi – hanno individuato, come linea di risarcimento, la personale vicenda. Non un forfait, quindi, bensì una richiesta di risarcimento specifica in base all’esperienza di ciascuno. L’associazione stessa Rete L’Abuso si costituirà parte civile».</p> <p style="text-align: justify;">Un nuovo colpo di scena, quindi, che potrebbe porre in serie difficoltà la Diocesi savonese. Dovrebbe essere proprio la diocesi, infatti, a versare il risarcimento, come avvenuto nella sentenza di Bolzano che individua un rapporto di “dipendenza lavorativa” tra il sacerdote e la propria Diocesi. Per il resto, il copione sembra lo stesso di quelli savonesi: il sacerdote di Bolzano, in occasione della preparazione alla Comunione, aveva carpito le attenzioni di una bambina, vincolandola da lui al segreto, compiendo ripetute violenze. Assolto per intervenuta prescrizione del reato, ha dovuto risarcire la vittima insieme a Parrocchia e Diocesi, a titolo di responsabilità solidale.</p> <p style="text-align: justify;">Silvia Campese Il Secolo XIX</p>